Ecco perché il giudice ha sospeso sia l’esclusione della candidatura di Marika Cassimatis per il M5s a Genova sia la candidatura di Pirondini

Siamo alle comiche politico-giudiziarie. Ecco la notizia testuale dell’Ansa: «Il giudice Roberto Braccialini ha sospeso l’esclusione della lista di Marika Cassimatis, la candidata del Movimento 5 stelle vincitrice delle Comunarie per la candidatura a sindaco di Genova e poi ‘scomunicata’ da Beppe Grillo.

Il giudice ha sospeso anche il ‘ripescaggio’ della lista di Luca Pirondini. Il tribunale civile ha dunque accolto tutto il ricorso d’urgenza presentato dagli avvocati Lorenzo Borrè e Alessandro Gazzolo. La professoressa ha commentato su Facebook “Abbiamo vintoooooooo!“. (Nella foto accanto a uno dei suoi avvocati)

LA MOTIVAZIONE. Nella motivazione della sua decisione il giudice Braccialini viene sviluppata la  tesi secondo cui “il potere del garante Beppe Grillo di escludere dalla candidatura soggetti che siano ritenuti non in grado dirappresentare i valori del Movimento 5 Stelle è previsto solo dal form di accettazione da parte del candidato. Ma non compare nelle regole statutarie del raggruppamento politico, perché le funzioni affidate al Garante dal Codice Etico sono limitate ad interventi preventivo/sospensivi quando i portavoce o gli eletti incorrano in vicende giudiziarie“.

Premesso che “per impulso del capo politico, il Movimento può decidere di non candidare una determinata lista, anche quando essa abbia avuto la maggioranza delle adesioni nell’ambito locale e perfino nella consultazione plenaria in rete, la rivisitazione dei deliberati di primo e secondo livello è possibile sempre e solo attraverso gli organismi assembleari competenti e le procedure, che si sono già messe in luce, di cui agli artt. 2 e 3 del Regolamento”. Per cui “ricorrono i presupposti per potersi disporre la sospensione degli indicati atti associativi”, cioè il risultato della votazione on line del 14 marzo  e la successiva votazione del 17 (aperta a tutti gli iscritti nazionali) con la quale è stato scelto Pirondini.

Il giudice afferma che “la cifra democratica del Movimento 5 Stelle è costituita dal fatto che le sue regole statutarie si preoccupano di raggiungere un punto di equilibrio tra il momento assemblear/movimentista (incarnato dal secondo comma dell’art. 4 del Non Statuto e realizzato con originali forme telematiche) e l’istanza dirigista che viene riconosciuta ed associata a figura di particolare carisma e peso politico per il Movimento, come Beppe Grillo, il quale in seno a tale organizzazione politica cumula in modo non seriamente contestabile la qualità di capo politico, come da Regolamento; e di Garante del Movimento, come da Codice Etico”.

Tuttavia – a suo giudizio – “al capo politico è riconosciuto un ruolo di indirizzo e impulso particolarmente penetrante, che però, proprio nella specifica materia della selezione delle candidature, non si identifica nel diritto di ultima parola. Infatti il ruolo decisionale finale è rivestito dalle deliberazioni/votazioni assunte dalle assemblee telematiche che il capo politico può convocare a sua discrezione nel rispetto delle forme e dei tempi statutari, le quali alla fine producono deliberazioni vincolanti per il capo politico del Movimento 5 Stelle e gli eletti sullo specifico oggetto delle candidature da sottoporre all’elettorato”. Di conseguenza, “una volta imbastito il percorso selettivo delle candidature e richieste le necessarie decisioni delle assemblee competenti per le diverse tipologie di competizioni elettorali, le deliberazioni degli organi assembleari così intervenute non possono più essere messe nel nulla da un provvedimento del capo politico, e tanto meno del Garante, ma ogni determinazione di annullamento, autoannullamento, esclusione di una lista già vincitrice della competizione locale può essere assunta solo nella competente sede assembleare”.

Trasferendo queste considerazione a ciò che è accaduto nelle “comunarie” di Genova, il magistrato e trae la conclusione che “la decisione assunta dal capo politico di M5S presta il fianco a fondati dubbi di legittimità statutaria perché si risolve nell’annullamento della consultazione locale genovese che aveva riconosciuto il primato  alla lista Cassimatis, di contro all’obbligo del capo politico di conformarsi ai deliberati degli organismi assembleari”.

Ne consegue – afferma quindi il giudice Braccialini – che “la comunicazione di indizione dell’assemblea plenaria di secondo livello, che chiedeva a tutti gli iscritti certificati di esprimersi immediatamente in rete, nella stessa giornata del 17 marzo, sull’alternativa tra presentare la lista Pirondini o non presentare alcuna lista ha eluso il termine minimo statutario di 24 ore dell’art. 3 co. 3, che è previsto per consentire agli iscritti di prendere contezza della necessità di esprimersi sull’argomento in decisione e anche per partecipare al forum di dibattito. E la necessità di questo adempimento formale è stata confermata indirettamente dalla recente decisione del Grillo di annullare la deliberazione locale del 14 marzo”.

In conclusione il giudice auspica “che le apprezzabili regole statutarie più volte richiamate, sottolineate ed apprezzate (gli artt. 2 e 3 del Regolamento) vengano assunte a stella polare dagli organi associativi del Movimento 5 Stelle, quale riferimento obbligato ed accorto per la soluzione del nodo decisionale e politico posto dal deliberato genovese”.

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