Il decreto del governo sulla “pace fiscale” diventa un giallo tv a “Porta a porta” con colpo di scena finale: mai mandato al Quirinale

di ENNIO SIMEONE Una sorta di giallo è stato «scritto» in diretta tv durante la registrazione della puntata di ieri sera di «Porta a porta». Nello studio di Bruno Vespa il vice primo ministro Luigi Di Maio ha affermato di avere scoperto che il testo del decreto fiscale approvato in Consiglio del ministri è stato inviato al Quirinale in una versione manipolata nella

Il testo mostrato dal ministro del Lavoro, dello Sviluppo economico e vicepremier, Luigi Di Maio, durante la trasmissione Rai “Porta a Porta” (Foto Ansa di Angelo Carconi)

parte in cui si indicano i criteri di applicazione della «pace fiscale». Una manipolazione che trasformerebbe la sanatoria decisa dal governo per contribuenti meritevoli di una riappacificazione con il fisco in un condono a beneficio di evasori che non meritano alcuna tolleranza. Di Maio ha perciò denunciato quella manipolazione in tv preannunciando nel contempo la presentazione di un esposto alla magistratura per la individuazione dell’autore o degli autori del falso.

Ma il giallo si è infittito quando, avuta notizia della denuncia di Di Maio, avvenuta nella «anteprima» di «Porta a porta», il Quirinale ha fatto sapere di non aver ricevuto dal governo alcun testo del decreto fiscale! E allora quello falso esibito da Di Maio da dove è sbucato? Mistero. Un mistero che diventa ancora più fitto quando il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, fa sapere da Bruxelles (dove si trova per la trattativa tra l’Unione europea e la Gran Bretagna per la «Brexit») che, informato delle criticità emerse nel decreto, ha bloccato l’invio ufficiale del testo al Quirinale.

In realtà il decreto fiscale era stato anticipato al Colle in via meramente informale, come è consuetudine fare in questi casi, spiegano fonti di Palazzo Chigi. Prima dell’invio il premier intende dunque rivedere personalmente il testo articolo per articolo. Intanto dalla Lega si fa sapere: ”Noi siamo gente seria e non sappiamo niente di decreti truccati, stiamo lavorando giorno e notte sulla riduzione delle tasse, sulla legge Fornero e sulla chiusura delle liti fra cittadini ed Equitalia’’.

In realtà Di Maio si era ritrovato nel salotto di Vespa a dover dare spiegazioni sull’allargamento delle maglie nei confronti degli evasori fiscali che emergeva da quel testo: un allargamento che contrastava con la linea di rigore del M5s e di rifiuto di qualunque condono a favore degli evasori colpevoli di omissioni nella denuncia dei redditi, riservando la tolleranza solo a beneficio di coloro che hanno commesso palesi errori fino a un massimo di centomila euro o si sono trovati in difficoltà tali da non poter far fronte ai loro doveri di contribuenti.

Di Maio faceva riferimento a quella bozza del decreto, dove il condono si allargava fino a diventare ‘tombale’ non solo per Irpef, Irap e contributi previdenziali, ma anche  per Iva e attività detenute all’estero. In particolare il capo politico dei Cinquestelle si riferiva all’articolo 9 del decreto che si intitola Disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale. «Qui – ha detto – c’è sia uno scudo fiscale sia la non punibilità per chi evade. E questo è un fatto gravissimo.  Questo testo non era concordato in Cdm. Non lo votiamo se non si cancella la parte sui capitali all’estero. C’è di tutto, persino il reato di riciclaggio. Questa parte deve essere tolta. Questo è un condono fiscale alla Renzi, quindi questa norma non la voterò»

Di Maio dice a Vespa che si è reso conto della manipolazione solo oggi quando “i ministri stavano rivedendo le bozze che circolavano”. Niente sospetti, però, nei confronti dei partner di governo. “Non ho ragione di dubitare della Lega. Ci siamo stretti la mano – sottolinea -. Escludo responsabilità politiche perché mi fido delle persone con cui sono al governo”. Sospetta del sottosegretario Giancarlo Giorgetti? Gli chiede Vespa. “Non mi permetterei mai», risponde Di Maio. “Confermo tutta la fiducia in questo governo, ma se ci facciamo passare testi così sotto al naso, allora cominciano i problemi grossi. Ovvero qualcuno si mette in testa di poter fregare il governo».

Naturalmente  l’opposizione ha tentato di trarre profitto dalla vicenda.  Il segretario del Pd, Maurizio Martina, dice: «Approvano un condono tombale per gli evasori. E ora cercano manine e nemici. Imbroglioni. Un grande paese come l’Italia non merita tutto questo #ladridifuturo». E sbuca fuori Matteo Renzi: «Di Maio è un uomo disperato – scrive su Twitter – Vota a sua insaputa un condono, poi grida allo scandalo. Attacca me. Non capisce il senso dei testi che vota. Dopo questa giornata imbarazzante la domanda è semplice: ma Di Maio sa almeno leggere ciò che firma?».

L’ex capo del governo dimentica ciò che fece alla vigilia delle elezioni europee cinque anni fa, quando uscì dal Consiglio dei ministri con la decisione del taglio al cuneo fiscale sul lavoro dipendente, «che – disse in un primo momento – avrebbe portato uno sgravio del costo del lavoro oscillante tra i 20 e i 120 euro mensili, cioè in media 80 euro mensili per dieci milioni di lavoratori», e proseguendo la spiegazione del provvedimento in conferenza stampa, lo trasformò  in un bonus da 80 euro! Il famoso bonus che fruttò tre settimane dopo, alle elezioni europee, il 41% dei voti al Pd, ridottosi il 4 marzo scorso al 18% !

Nel caso di oggi a “Porta a porta” resta invece da scoprire l’autore di quel testo. Che però Conte ha impedito che arrivasse al Quirinale.

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