QUEST’ITALIA/ Il banchiere cattivo e il vecchietto furbetto

Castorodi  CARMINE CASTORO –

Il recente salvataggio pubblico di alcune casse di risparmio a forte vocazione territoriale sollecita riflessioni un po’ meno allineate, e più allargate di spettro. Come sempre la retorica televisiva, il sentimentalismo, i consigli addirittura dello psichiatra Morelli a “Domenica In” ieri, ammantano di una superficie oleosa le verità e le responsabilità.
Siamo tutti d’accordo che le banche creano più botole che Bot, che il capitalismo dei derivati e delle borse è un patibolo globale, che l’alleanza Renzi-Boschi-papà vip di entrambi è una triangolazione perversa e eticamente riprovevole  – come emerge dalle inchieste di alcuni quotidiani nazionali – che davvero meriterebbe le dimissioni della bella ministra. Che se una banca si è inventato un prodotto finanziario illegale e non spendibile, mi deve risarcire; che se mi ha fatto firmare un contratto diverso dal primo togliendo o aggiungendo una parolina magica come “rischio”, mi deve risarcire; che se mi costringe a sottoscrivere una polizza super fluttuante sui mercati, in cambio della concessione di un mutuo, mi deve risarcire. Qualsiasi situazione ricattatoria, estorsiva, fraudolenta va accertata e punita in modo esemplare. Come gli omessi controlli della Banca d’Italia ai quali abbiamo fatto una mesta anti-democratica abitudine.

Però scusate, questi cosiddetti “vecchietti ingenui” che sono andati a firmare a uno sportello un contratto di “obbligazione”, di obbligazione, ripeto, non la lista della spesa dal droghiere, non lo avranno fatto perché si sono messi in testa di investire i loro risparmi per guadagnare un margine di profitto annuo, e aumentare il loro capitale?
Io non mi sono mai sognato di investire i miei soldi in questi prodotti, non mi ha mai manco sfiorato l’anticamera del cervello. Mia madre, ultraottantenne come tantissime vittime di questi istituti di credito, al massimo si è permessa nella sua vita dei buoni postali e dei titoli di Stato.  E se fossi mai andato a proporle di investire i suoi risparmi in obbligazioni, mi avrebbe preso a pentolate in faccia dicendomi in dialetto foggiano che non ne capisce niente….

Prima che le banche fallissero, i cosiddetti vecchietti ingenui hanno percepito i dividendi semestrali e tutto andava bene, facevano i nonnini “smart” e arrotondavano la pensione. Ma quando il rischio divora tutto, si rivuole i soldi indietro? E dove pensavano di averli messi questi soldi? Nella dispensa del soggiorno buono? Nella cassapanca dell’800? Nel porta-caramelle dei nipotini? Possibile che non avessero la benché minima contezza di cosa siano i flussi finanziari, i prestiti che fanno le banche a soggetti terzi, i rischi d’impresa e quant’altro? A me sembra irreale e irresponsabile tutta questa faccenda, su un fronte e sull’altro.
E come se uno si sedesse a un tavolo di poker e finché la fortuna gira bene si ride e si incassa, ma quando la sfortuna inizia a stendere il suo lenzuolo nero, si rivuole indietro il danaro messo sul piatto. Ma non succede così…

E’ giusto e sacrosanto che polizia e giudici indaghino su quello che realmente è successo nel rapporto cliente-funzionari, ma su 130mila casi quanti saranno vere “truffe”, quanti saranno insabbiati, quanti saranno riportati a una semplice gerarchia di ruoli e funzioni, ovvero al più classico degli scaricabarile?

Ma poi, caro psichiatra Morelli che parli di vecchi che hanno innocentemente “fiducia” della banca, ma davvero la fiducia come struttura esistenziale autentica e profonda pensiamo di condividerla con impiegati in doppiopetto fra i quali si cela lo yes-man turlupinatore di turno? Io la fiducia la associo a madri, padri, amici storici, compagne di vita, al massimo al vicino di casa, ma non certo al direttore di una banca.

Siamo sicuri che la Trappola Finanziaria Mondiale non attecchisca non con le classiche “frodi” e i classici “raggiri”, ma con uno scadimento antropologico di valori, aspirazioni, esperienze, tempi privati che spinge, per esempio, un vecchietto a non trovare pace finanche coi suoi soldi, frutto di fatica e sudore di un’intera vita, certo, e a volerne di più costi quel che costi?

Per centrare bene questo genere di problemi dobbiamo tenere uniti soggettività e assoggettamento. Sono tanto più assoggettato quanto più “suppongo” di esercitare la mia “libera soggettività”. E il cattivo infinito della crescita senza limiti del banchiere (o del bancario) senza scrupoli, è in primis un’anima comune. Dunque, l’”addetto ai lavori”, cinico e baro, e senz’ombra di dubbio colpevole, procura e provoca quel tipo di servizi che noi siamo ormai “predisposti” dallo stesso sistema ad accettare supinamente senza argini, resistenze, cautele e autocontrolli. E allora se qualcuno mi promette soldi facili, perché dirgli no? A quanta più energia fisica e mentale devo appellarmi per dire no al sistema? Questo vale anche per la pubblicità, lo spettacolo, i consumi, le lotterie, la popolarità, l’idiozia della rete. E vale anche per le manie di protagonismo televisive (vedi “Uomini e Donne” senior della inquietante De Filippi) e per le scommesse elettroniche e succhia-soldi dove, ancora una volta, guarda caso, i rappresentanti “ingenui” della terza e quarta età entrano ripetutamente dal portone principale. Perdendo in dignità. E anche il portafogli.

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