I tre candidati selezionati per l’elezione del segretario del Pd alle primarie del 3 marzo promettono unità ma rivelano le divisioni

La Commissione Congresso del Pd ha confermato che sono Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti i tre candidati che parteciperanno alle primarie del Pd il 3 marzo. Gianni Dal Moro, presidente della Commissione ha riferito

Nicola Zingaretti (s) e Maurizio Martina, primo e secondo nella selezione dei circoli Pd per le primarie del 3 marzo (foto Ansa di Giuseppe Lami) 

l’esito delle votazioni degli iscritti nei circoli: Zingaretti è il candidato più votato con 88.918 voti, pari al 47,38%. Martina ha ricevuto 67.749 voti pari al 36,10%, Giachetti 20.887 voti pari all’11,13% .

 

 

Assenti Matteo Renzi e i suoi fedelissimi Maria Elena Boschi e Luca Lotti, nonché Paolo Gentiloni, impegnato negli Stati Uniti per conferenze. A lavori già iniziati si è presentato Carlo Calenda, il cui “manifesto” per una coalizione “europeista”, pur raccogliendo adesioni formali, viene visto con diffidenza o con incredulità, persino con sospetto da una parte dei membri della direzione del Pd

Dopo l’annuncio dei risultati delle votazioni nei circoli, hanno parlato in assemblea i tre candidati più votati, che parteciperanno alla competizione il 3 marzo, quando, però, potranno votare anche i non iscritti al Pd, purché sottoscrivano una dichiarazione in cui se ne dichiarano elettori.

Zingaretti ha detto che il Pd deve”voltare pagina, che significa non pretendere abiure, nessuno le cerca, ma ammettere, insieme ai successi, anche i nostri limiti, che ci sono stati”. Poi si è sforzato di parlare a tutto il partito, ‘dribblando’ le polemiche interne: “Basta con un partito fondato sugli antirenziani, gli antifranceschiniani, gli antiboschiani. L’Italia si aspetta che tornino i democratici, a chi ha bisogno non interessa nulla delle nostre piccolezze, allora muoviamoci. Se mi candido mi candido solo per voltare pagina e superare questa fase”.

Zingaretti ha anche respinto due delle principali accuse che gli sono state mosse dalle altre mozioni: il ritorno della ‘Ditta’ bersaniana e il feeling con il M5S: “Io i 5 stelle li ho sconfitti due volte, imparino a sconfiggerli pure coloro che mi accusano di questo. Piantiamola con le caricature, io non le faccio sugli altri. Perché altrimenti è come la fine di War Games: fine del gioco”. E poi: “Non serve un generico spostamento del Pd più a sinistra, una geometria delle alleanze, serve una collocazione dei democratici italiani che guardi al futuro”.

Francesco Boccia, candidato non selezionato per la “finale”, ha annunciato il suo appoggio a Zingaretti; Dario Corallo ha mantenuto la sua linea (“continueremo a lottare dentro e fuori il partito”); Maria Saladino ha confermato il suo ‘endorsement’ per Maurizio Martina. Il quale ha assicurato che la sua mozione “vuole unire e, se tocca a me, farò una segreteria unitaria”, ha spiegato. “I miei avversari sono Di Maio, Salvini e il governo”, ha puntualizzato lanciando la proposta di una mozione di sfiducia al ministro dell’Interno.  Roberto Giachetti – che nelle elezioni comunali di Roma venne sonoramente sconfitto al ballottaggio da Virginia Raggi – si è proposto come ‘competitor’ diretto di Zingaretti dicendo che quella del presidente della Regione Lazio è “una mozione che dentro ha tutto e il contrario di tutto, in cui c’è Minniti e chi considera Minniti uno schiavista, è un problema che non riguarda me”.

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