Farmaci biologici: dalla buona pratica clinica agli aspetti organizzativi ed economici

 

 I farmaci biologici negli anni hanno consentito a milioni di pazienti di beneficiare di terapie per molte patologie, spesso gravi e di complessa gestione.   Recentemente, la perdita della copertura del brevetto di molti di questi farmaci biologici ha permesso l’introduzione nel mercato dei relativi biosimilari, con importanti ripercussioni sia dal punto di vista clinico che della sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale.

Di questo scenario in evoluzione si è parlato nei giorni scorsi a Milano durante il Convegno organizzato da Motore Sanità con il patrocinio della Regione Lombardia e con il contributo di Sanofi, approfondendo in particolare gli aspetti clinici, gestionali ed organizzativi, tra i quali in primo piano la continuità terapeutica.

Hanno aperto i lavori Fiorenzo Corti, vice segretario nazionale FIMMG e responsabile area comunicazione e Walter Ageno, presidente Siset – professore associato di Medicina Interna, Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università dell’Insubria, introducendo il tema e lasciando la parola a Giulio Gallera, assessore al Welfare Regione Lombardia, che ha dichiarato: “Siamo la prima regione d’Europa per produzione farmaceutica. Tutte le più grandi multinazionali hanno deciso di collocare qui siti produttivi e siti di ricerca, dando benefici anche in termini occupazionali ed è dovuto ad un grande ecosistema, cioè professionisti qualificati, ospedali attenti a recepire poi la fase clinica delle ricerche, istituzioni disponibili a cogliere la necessità di essere flessibili e veloci di venire in contro alle esigenze della ricerca”

Nel suo intervento Francesco Scaglione, vice direttore dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica, Università degli Studi di Milano – ricordando la complessità strutturale dei farmaci biologici e l’attenzione che di conseguenza le autorità regolatorie pongono sui relativi processi produttivi – ha sottolineato che tuttavia il clinico si focalizza soprattutto sugli aspetti di efficacia, tollerabilità, e quindi sulla risposta del paziente. In quest’ottica, pur ribadendo una assoluta apertura all’utilizzo dei biosimilari in un contesto di sostenibilità del SSN, ha evidenziato come nell’ambito delle eparine la lunga pratica clinica nell’utilizzo degli originator ne consenta una grande maneggevolezza, e come sia pertanto necessario acquisire una   esperienza d’uso anche per il biosimilare per ottimizzare la gestione.

Maria Elena Faioni, dipartimento Scienze della Salute Università degli Studi di Milano, ha approfondito il tema delle eparine a basso peso molecolare, ricordando i meccanismi attraverso i quali esprimono la loro azione farmacologica, e come diversi processi produttivi originino molecole con caratteristiche farmacologiche e cliniche differenti. Faioni ha poi ripercorso le indicazioni terapeutiche delle eparine, impiegate nella gestione delle problematiche trombotiche, sia in profilassi che in terapia, anche in pazienti particolarmente complessi quali quelli oncologici e cardiologici, e non scevre dagli effetti collaterali insiti degli anticoagulanti, come le emorragie. Ha quindi concluso che, se è doveroso ed etico per un clinico utilizzare, ove possibile, un farmaco a minor costo, è fondamentale il monitoraggio degli aspetti di safety che, al di là di quanto previsto dalle normative di farmacovigilanza, necessiterebbe dell’implementazione di strumenti di osservazione attiva e strutturata.

Per quanto riguarda il punto di vista del farmacista, è intervenuto Marco Gambera, dirigente del Servizio Farmaceutico Territoriale, ATS Bergamo, riportando quanto definito nel secondo Position Paper AIFA in base al quale i biosimilari richiedono gli stessi standard di qualità, sicurezza ed efficacia previsti per ogni medicinale biologico e possono essere pertanto intercambiabili con i corrispondenti originatori, tanto per i pazienti naive quanto per quelli già in terapia, anche se la decisione ultima sul trattamento rimane sempre responsabilità del medico prescrittore.

Gabriella Levato, segretario generale regionale FIMMG Lombardia, ha poi riportato  il punto di vista del medico di Medicina generale sul tema della continuità terapeutica.

Nella sessione dedicata all’utilizzo dei farmaci biologici nell’ambito della Legge 648/96, Walter Ageno, presidente SISET e professore associato di Medicina interna, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università dell’Insubria, ha evidenziato come questa legge sia stata un’iniziativa estremamente importante, consentendo l’utilizzo di farmaci innovativi non ancora in commercio in Italia e l’utilizzo di farmaci al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate. In particolare, Ageno ha ricordato che la legge 648 norma l’utilizzo delle eparine nella gestione del tromboembolismo in pazienti particolarmente complessi – quali la donna in gravidanza, il bambino, il paziente in terapia con anticoagulanti orali e il paziente neoplastico – ribadendo come, in questo ambito, l’approvazione all’uso del biosimilare non sia automatica, ma venga valutata volta per volta dalla Commissione tecnico scientifica di AIFA.

Sul tema della farmacovigilanza è intervenuto Andrea Machiavelli, direttore UOC Farmacia ASST Cremona, descrivendo il processo di risk management messo in atto dalla Regione Lombardia, e sottolineando l’importanza di una collaborazione tra le diverse figure che operano in ospedale e i medici di medicina generale.

A seguire, nella tavola rotonda dedicata alla real life dal punto di vista clinico e organizzativo, è intervenuta, tra gli altri, Annarosa Racca, presidente Federfarma Lombardia, sostenendo che i farmaci biologici sono già oggi un’importante classe di medicinali e lo saranno sempre più in futuro; per questo sarà indispensabile un coinvolgimento delle farmacie come canale distributivo nella dispensazione ai pazienti. Le farmacie sono disponibili ad aderire a progetti innovativi e i farmacisti, con il loro costante aggiornamento, sono la figura professionale di riferimento per i cittadini. Antonio Bellasi, dirigente Nefrologia e Dialisi Ospedale Papa Giovanni XXIII Bergamo – ha posto l’attenzione sul tema della continuità terapeutica, e particolarmente della difficoltà che il clinico si trova ad affrontare nel caso in cui le logiche di acquisizione dei farmaci portino a generare nel tempo un alternarsi di disponibilità di originator e differenti biosimilari, con la conseguenza di una discontinuità gestionale, soprattutto nei pazienti affetti da patologie croniche.

Nell’ultima tavola rotonda, su farmaci biologici: aspetti organizzativi e economici, sono intervenuti Carlo Borghetti, vice presidente del Consiglio regionale della Lombardia, che si è dichiarato a favore di una maggiore autonomia delle Regioni, aggiungendo però che “bisogna valutare gli aspetti economici sia a livello centrale che tra i diversi sistemi sanitari regionali, come avviene per i farmaci innovativi”. Borghetti ha concluso il suo intervento domandandosi se non sia necessario anche rivalutare il tema dell’autonomia a condizione che questo poi non porti ad una diseguaglianza di trattamento del paziente a seconda della regione di appartenenza.

Infine Marco Maria Fumagalli, componente della III Commissione Sanità e Politiche Sociali della Regione Lombardia, ha dichiarato che “investire in ricerca scientifica e innovazione è fondamentale per stimolare lo sviluppo economico e per il futuro del nostro Paese. Lo è ancora di più in settori capital intensive – come quello farmaceutico – per consentire alle nostre aziende di rimanere al passo con la concorrenza internazionale. In particolare, quello che si chiede loro è di poter migliorare l’efficacia dei farmaci, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica che rischia di diventare esplosiva e non sostenibile. Investire è quindi fondamentale, ma occorre farlo in modo appropriato”. Fumagalli ha concluso il suo intervento in disaccordo con l’approccio adottato in precedenza da Regione Lombardia perché, a suo parere, la costituzione della Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica si è rivelata inefficace rispetto agli scopi che si era prefissata.

Parlando di continuità terapeutica, ospedale e territorio, è intervenuto Fiorenzo Corti, vice segretario nazionale FIMMG e responsabile area Comunicazione, spiegando l’iter di presa in carico del paziente: dopo il ricovero in ospedale, la diagnosi e la cura, viene dimesso, passando a quel punto in carico al medico di medicina generale che continuerà il suo percorso, chiedendo, nel caso, un controllo da parte del collega specialista” .

Il dibattito che è seguito alle relazioni è stato molto animato e con un’ampia partecipazione del pubblico. Diversi relatori hanno sottolineato l’utilità di simili iniziative, auspicando che vi possano essere altre occasioni di un confronto così aperto e costruttivo.

 

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