ENZO ARCURI/ Quel mare nel quale rischia di affogare la Calabria

ARCURIdi ENZO ARCURI/

La Calabria rischia di affogare nel suo mare lordato da una classe di amministratori locali innanzitutto ma non solo che si sono imposti per incapacità, incultura, ignoranza, totale mancanza di senso civico, generazioni di sindaci, assessori, consiglieri comunali e loro sodali che invece di perseguire il bene comune, di lavorare per fare crescere e decollare i loro territori, di salvaguardare e difendere una delle poche risorse affidate alla loro cura ed alla loro responsabilità, hanno preferito inseguire interessi di piccolo cabotaggio o peggio al servizio di faccendieri, speculatori, squallidi affaristi. Non ci sono alibi per nessuno di fronte ai danni incalcolabili arrecati a questa regione, fra le più belle della penisola, certamente quella meglio dotata sotto il profilo paesistico e naturale, bagnata da due mari, con circa 800 chilometri di coste, centri storici di grande fascino e bellezza, un patrimonio monumentale ed architettonico di grande pregio, una straordinaria peculiarità con la montagna (e che montagna, dal Pollino alla Sila, dive si specchia in due laghi, dalle Serre all’Aspromonte) quasi a strapiombo sul mare.

No, alibi non ce ne possono essere, non ce ne sono per chi ha amministrato i comuni, non ce ne sono per chi ha amministrato le province, non ce ne sono per chi ha governato la regione e non ce ne sono nemmeno per chi doveva vigilare e controllare e non lo ha fatto o lo ha fatto male. Non ne avrei più voluto scrivere, anzi avevo deciso di non scriverne più, lo avevo deciso per una considerazione banale ma molto amara: per anni, da molti anni, impegnato a segnalare i disastri e ad invocare interventi idonei ed efficaci, ogni volta a ripetere la stessa litania con segnali flebili di attenzione ma con scarso o nessun successo, anzi qualche volta anche con reazioni fastidiose, mai comunque una reazione popolare robusta, quasi che la denuncia dei mali del nostro mare non dovesse (e non debba) interessare innanzitutto e soprattutto coloro i quali popolano le nostre coste e che dal mare potrebbero e dovrebbero ricavare enormi benefici e vantaggi per il loro benessere e per la qualità della loro vita. Ed invece, in questi anni, soprattutto dai paesi costieri c’è stato un silenzio complice, in questi paesi non è stato punito elettoralmente e politicamente chi il danno ha causato (e continua a causare), anzi spesso costui o costoro sono stati (e vengono) premiati con il voto. E dunque non volendo restare una voce solitaria nel deserto di una società civile ( che probabilmente non esiste in Calabria come ha sostenuto Vittorio Sgarbi ), mi ero proposto di non parlarne.

Ne riparlo oggi, offeso ed indignato, per l’incredibile e impressionante spettacolo che mi si è presentato l’altro ieri, viaggiando in treno, dopo Maratea da Praia a Mare fino a Paola, che è stata la mia stazione di arrivo. Da San Nicola Arcella a scendere una interminabile lingua marrone, lurida e schifosa, galleggiava sull’onda che si infrangeva sulla battigia. La melma non risparmiava nessun tratto di costa, uno spettacolo allucinante, lo stesso per chilometri di costa, senza soluzioni di continuità. Ed è ancora metà giugno, l’estate è appena iniziata, le spiagge in Calabria sono deserte, negli alberghi e nei villaggi della costa c’è pochissima gente, la stagione delle vacanze non è ancora iniziata. Se già adesso il mare è così malato, cosa succederà da qui a qualche settimana, quando i paesi costieri e le spiagge si affolleranno? Vengono i brividi solo ad immaginarlo checché ne dicano l’Arcal, che è l’agenzia regionale che vigila sulla buona salute del nostro territorio, i sindaci e i gestori dei tanti depuratori che evidentemente non funzionano o funzionano male o peggio stanno scaricando a mare i loro fanghi altamente inquinanti.

E’ questione che riguarda i comuni rivieraschi ma anche quelli delle zone interne perché i fiumi scaricano le loro acque in mare ed è anche qui che, evidentemente, bisogna intervenire con grande determinazione ed efficacia. Abbiamo letto che la Regione ha spartito 38 milioni di euro fra i comuni costieri per il funzionamento dei depuratori. E’ augurabile che dalla Regione qualcuno vigili perché questi soldi siano spesi bene e subito. Ma qui si apre il difficile e complicato capitolo dei controlli, un enorme buco nero nel quale succede di tutto e dove si annidano i perversi meccanismi che generano spreco e corruzione. A tutto danno, ovviamente, dell’interesse pubblico e del bene comune.

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