E dopo le incertezze di Taormina è proprio il caso di pensare ad elezioni anticipate?

 

di NUCCIO FAVA – Mai scenario di un vertice è stato più suggestivo e straordinario. Anche per evocare i più gravi problemi dell’umanità di fronte a quello splendido mare triste teatro della questione sempre più angosciante dei migranti e delle morti nel Mediterraneo. L’aveva già fatto del resto papa Bergoglio, donando a Trump con dedica autografa l’enciclica Lautato Si in forte sintonia con il messaggio del fraticello di Assisi. Insieme ai documenti pontifici sul dialogo, la dignità di ogni persona e la costruzione della pace. Sono ormai tanti in ogni regione del mondo a riconoscere in papa Francesco il leader più illuminato che richiama con lucidità ed efficacia i maggiori problemi dell’umanità : le piaghe terribili delle guerre, della miseria e della fame, del lavoro e dell’immondo mercato delle armi, delle violenze disumane contro donne, vecchi e bambini, insieme alle terribili stragi del terrorismo che colpiscono anche molti cristiani raccolti in preghiera, autentici martiri del nostro tempo.

Solo sulla lotta al terrorismo in effetti i grandi riuniti a Taormina hanno raggiunto un accordo positivo e convincente. La lotta resta però lunga e complessa: la stessa polemica aspra tra i servizi britannici e Usa subito dopo l’attentato di Manchester ne è segnale inquietante, in qualche misura superato solo con l’incontro a due tra la May e Trump che ha sostanzialmente chiesto scusa e promesso provvedimenti rapidi. Praticamente null’altro su tutte le diverse importanti questioni dell’agenda, affrontate con atteggiamenti positivi e dichiarazioni di buona volontà che rischiano di lasciare i problemi al punto di prima, in attesa forse di sviluppi successivi.

Non incoraggiante comunque lo scontro tra il presidente Usa e la cancelliera tedesca anche dal punto di vista della cordialità dei rapporti tra stati e di quello più generale tra l’Europa e l’America. Per non dire poi delle questioni cruciali relative all’accordo di Parigi sul clima, a quello sul commercio mondiale e sull’atteggiamento diverso nei confronti della Russia di Putin e quelli fondamentali con la Cina, che si muove comunque con grande disinvoltura e agilità sui grandi spazi africani e dell’America latina. Del resto la strategia globale dei cinesi riguarda anche l’Italia: emblematiche a loro modo le scalate calcistiche su Milan ed Inter e soprattutto più significativa quella in atto verso l’acciaieria Ilva di Taranto.

Sul bilancio del vertice di Taormina non abbiamo di conseguenza sentito giudizi entusiastici che ad onor del vero non seguono mai incontri di questo tipo. Raduni dedicati utilmente ad una conoscenza personale ed ad uno scambio di valutazioni in comune sulle questioni maggiori del mondo ma che certo non rappresentano un vero tentativo di governance collegiale su scala globale, forse, anzi sicuramente impossibile ma che potrebbero almeno servire a parziali convergenze e accresciute consapevolezze sulle principali sfide dell’umanità in un tempo così complesso ed impegnativo per tutti.

Anche il ruolo dell’Europa nei rapporti con l’America di Trump è rimasta in gran parte una incognita. Fortunatamente almeno senza rotture e incomprensioni profonde, anche se sulle modalità della Brexit e dei rapporti commerciali come già si era in qualche modo capito, il cuore di Trump è tutto a favore della Gran Bretagna. Anche su questo terreno è soprattutto l’Europa che dovrà giocare la parte più difficile facendo ben comprendere ai suoi cittadini le ragioni profonde del vecchio continente e del ruolo che intende giocare nella democratizzazione delle istituzioni europee e nell’impegno per una politica di solidarietà e di sviluppo che avvii al superamento dello stallo, della confusione e della grave crisi in atto.

Anche l’Italia – che pure con Gentiloni ha organizzato in modo esemplare il vertice di Taormina e ha saputo mostrare al mondo aspetti significativi e straordinari della propria storia e delle proprie bellezze –  rischia di trovarsi in una situazione ancora più grave di quella europea. Lo stesso presidente del Consiglio in carica, che, pur non potendo fare miracoli ovviamente, non ha per nulla sfigurato sul piano interno ed internazionale, finisce per trovarsi nella stessa condizione dell’ex presidente Enrico Letta. “Stai sereno” gli veniva assicurato e tutti ricordiamo come è andata a finire con quella fredda cerimonia di passaggio delle consegne a palazzo Chigi. Eppure dovrebbe essere semplice e chiaro a tutti che in piena bagarre per una nuova legge elettorale che non c’è, lo scontro sui voucher , lo stato dei nostri conti, i timidissimi segnali di possibile lievissima ripresa, dovrebbero fare escludere in ogni modo una crisi di governo anche per potere affrontare seriamente e con la maggiore convergenza possibile tanto la riforma elettorale quanto la prossima legge finanziaria di autunno. Ciascuno può avere le sue legittime prospettive ed ambizioni politiche. Puntare però alla crisi del governo Gentiloni e le conseguenti elezioni anticipate, ignorando il ruolo e le responsabilità, tra l’altro, del capo dello Stato, sarebbe oltre che disdicevole, un mezzo crimine verso tutti gli italiani e le istituzioni della Repubblica.

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