L’autopsia sul corpo di Giulio Regeni: il colpo mortale alla testa gli ha fratturato la cervicale. Contraddizioni nelle indagini

Un momento della fiaccolata in memoria di Giulio Regeni a Fiumicello (Udine), 7 febbraio 2016. ANSA/ FRANCESCO DE FILIPPO

Circa duemila persone hanno partecipato stasera alla fiaccolata in memoria di Giulio Regeni a Fiumicello, in provincia di Udine. Il lungo corteo sotto una intensa pioggia è partito dal Municipio per raggiungere il vicino centro polifunzionale – che era frequentato anche da Giulio – dove sono stati tenuti brevi interventi del “sindaco dei giovani” ( carica coperta da Giulio quando aveva dodici anni), del parroco don Luigi Fontanot, che ha anche letto il messaggio dell’arcivescovo di Gorizia, Redaelli.

L’autopsia. E’ morto per un colpo ricevuto in testa – che gli ha procurato la frattura di una vertebra cervicale – Giulio Regeni, il ricercatore friulano il cui cadavere è stato trovato in Egitto giovedì scorso in un fosso lungo la strada Cairo-Alerssandria. E’ quanto è emerso dalla prima fase dell’autopsia  effettuata a Roma, dove la salma è arrivata ieri dall’Egitto sullo stesso aereo sul qualche viaggiavano anche i genitori. L’équipe di medici legali coordinati da Vittorio Fineschi, ha riscontrato sul giovane i segni di un violento pestaggio e numerose abrasioni e lesioni, tuttora oggetto di analisi così come il colpo al capo che ha provocato il decesso. Il cadavere è stato sottoposto ad una tac, ad un esame tossicologico ed a radiografie. La frattura della cervicale può essere stata determinata anche da una torsione innaturale del collo del giovane da parte di una persona che gli stava di fronte, torsione che può aver avuto come conseguenze la rottura del midollo spinale e una conseguente crisi respiratoria, alle quali è seguita, infine, la morte. Domani la salma sarà trasferita in Friuli, dove martedì ci sarà il funerale. Ieri ad accoglierla all’aeroporto di Fiumicino c’era il ministro della Giustizia, Orlando, che si è intrattenuto a colloquio con i genitori per circa un’ora.

Ipotesi contraddittorie. Intanto continua la ridda di ipotesi sulle ultime ore di vita di Giulio Regeni. Un autorevole quotidiano filo-governativo egiziano, Al Ahram, riferendo su risultati dell’inchiesta scrive che prima di scomparire il 25 gennaio Giulio Regeni ha partecipato a quella festa di compleanno “in compagnia di un certo numero di amici”. Finora dai principali resoconti era emerso invece che Regeni fosse diretto, ma non arrivato, alla festa e fosse stato rapito durante il tragitto nel centro del Cairo prima delle 20.

Il giornale precisa che “le indagini degli uomini della Sicurezza hanno analizzato gli ultimi momenti prima della scomparsa della vittima ed si è constatato che il 25 gennaio egli era in una festa in compagnia di un certo numero di suoi amici e dopo è scomparso”. E aggiunge: “La squadra di inquirenti esamina tutte le relazioni della vittima, sia con egiziani sia con stranieri residenti al Cairo, e i luoghi che frequentava. Il generale Alaa Azmy, assistente del direttore del Dipartimento generale delle indagini di Giza, ha orientato le investigazioni ad esaminare gli appartamenti abitati della Città del 6 ottobre (il quartiere all’estrema periferia ovest del Cairo a nord del quale è stato rinvenuto il corpo di Regeni) “per esaminare coloro che li frequentano e li abitano”.

Invece è stata smentita dal Cairo la notizia che due persone sono state arrestate perché sospettate dell’omicidio. In realtà le due persone erano state solo fermate e poi rilasciate perché risultate estranee alla vicenda.  Il ministro dell’Interno Angelino Alfano perciò ha ribadito: “Sulla morte di Giulio noi abbiamo un solo obiettivo: la verità. Stanno partendo squadre di investigatori italiani per collaborare con la polizia egiziana e sono convinto che il presidente Al Sisi non si sottrarrà alla collaborazione e che i buoni rapporti con l’Egitto siano un fluidificante che aiutino nella ricerca della verità”. “Tutte le procedure saranno attivate – ha aggiunto – perché la giustizia sia severa con i responsabili”. Perciò in Egitto è stato inviato un gruppo di investigatori italiani con lo scopo di collaborare con quelli egiziani e, al tempo stesso, di verificare che sia fatto davvero tutto il possibile per individuare gli autori del delitto e i motivi.

Scarsi e finora infruttuosi i contatti avuti al Cairo dal team di sette uomini di Polizia, Carabinieri e Interpol inviato dalle autorità italiane per seguire le indagini sulla morte di Giulio Regeni, in collaborazione con le autorità egiziane. In una telefonata con  Renzi il presidente egiziano Al Sisi aveva assicurato che avrebbe garantito ai rappresentanti italiani il pieno accesso alle indagini .

Giulio Regeni GIULIO REGENI, originario di Fiumicello (Udine), un comune della Bassa friulana,  ha ricoperto il ruolo di “Sindaco dei ragazzi” di Fiumicello. Aveva quindi studiato all’estero e stava compiendo il dottorato di ricerca post laurea a Cambridge da dove si era spostato al Cairo per una tesi sull’economia egiziana. Nel 2012 e nel 2013 aveva vinto premi al concorso internazionale “Europa e giovani”, promosso dall’Istituto regionale per gli studi europei (Irse), con studi sul Medio Oriente. La famiglia di Regeni è molto nota nel paese friulano. La madre si era candidata alle ultime elezioni comunali del 2014 a sostegno del primo cittadino, Ennio Scridel, mentre la sorella ha ottenuto successi nel pattinaggio, partecipando agli ultimi campionati mondiali.

L’ultimo suo articolo sul “Manifesto” (Agi) . “Il Manifesto”, ignorando la richiesta della famiglia di Giulio Regeni,  ha ripubblicato  in prima pagina l’ultimo articolo inviato dal Cairo al giornale “all’inizio di gennaio” – scrive in un fondo Tommaso di Francesco –  sulla “seconda vita dei sindacati indipendenti” nell’Egitto di al Sisi. Articolo che originariamente il giovane aveva chiesto fosse pubblicato sotto pseudonimo, per proteggere lui e un altro ragazzo che si trova ancora al Cairo, e che il Manifesto, spiega, ha “deciso di offrire (oggi) come testimonianza, con il suo vero nome, adesso che quella cautela e’ stata tragicamente superata dai fatti”. Nell’editoriale che accompagna il testo, Di Francesco spiega che Regeni “temeva per la sua incolumita’” e “questa e’ la verita’ che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Regeni di fronte alle troppe reticenze ufficiosi ed ufficiali e alle gravi contraddizioni delle prime indagini tra la procura egiziana, che conferma le torture indicibili, e il ministero degli Interni che le smentisce”.

Per Il Manifesto in Egitto ci troviamo di fronte ad “un regime militare responsabile di un colpo di Stato definito dallo scrittore (turco) Orhan Pamuk ‘eguale a quello di Pinochet’ (in Cile)”. Di Francesco spiega: “Affermiamo questo perche’ all’inizio di gennaio, dopo aver ricevuto un suo articolo, che riproponiamo oggi con la sua firma convinti di adempiere proprio alle sue volonta’….insisteva con noi e a piu’ riprese sulla necessita di firmarlo solo con uno pseudonimo”. Il quotidiano diretto da Norma Rangeri ricorda come Giulio Regeni “non era ne’ un violento ne’ un nemico dell’Egitto, al contrario amava quel Paese…ed e’ deceduto, a quanto sappiamo finora secondo la procura egiziana dopo violenze inaudite” Il Manifesto evidenzia “come in queste ore si rincorrono interpretazioni a dir poco incredibili, ufficiali e di alcuni giornali che accreditano perfino la versione dei servizi segreti egiziani che naturalmente negano ogni responsabilita’ su un suo possibile fermo o arresto, rivolgendo l’attenzione allora sul fatto criminale puro e semplice, se non addirittura alla tesi dell’incidente automobilistico”. “Sia chiaro. Noi non sappiamo chi siano davvero stati i suoi assassini e perche’ abbiano commesso questo crimine . Possiamo testimoniare e sospettare. Ma – chiude l’editoriale – chiediamo tutta la verita’ al governo egiziano, al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e al presidente del Consiglio Matteo Renzi. Lo dobbiamo di fronte al dolore dei genitori e alla giovane vita cosi’ martoriata di Giulio Regeni”.

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