La Camera approva la riforma costituzionale, ma il Comitato per il NO ha i numeri per il referendum

CostituzioneIl Comitato per il “No” alla riforma costituzionale Renzi-Boschi – riforma che stasera alla Camera ha ottenuto, come previsto, l’approvazione con 367 voti favorevoli, 194 contrari e 5 astenuti, e ora dovrà essere votato anche in Senato –  ha annunciato di avere i numeri per promuovere il referendum. Infatti il disegno di legge costituzionale dovrà ora passare nuovamente al vaglio del Senato e ritornare, per il via libera definitivo, alla Camera. Secondo quanto prescrive l’articolo 138 della Costituzione, nelle due ultime votazioni senatori e deputati dovranno pronunciarsi a maggioranza assoluta, con un “sì” o un “no” secchi, senza possibilità di ulteriori emendamenti. I due passaggi avverranno intorno al 20 gennaio in Senato e nella seconda metà di aprile alla Camera.
Una volta approvata la legge, entro tre mesi dalla pubblicazione un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali possono chiedere che sia sottoposta a referendum confermativo. La legge è promulgata solo se è stata approvata dal corpo elettorale con la maggioranza dei voti validi, nel caso sia stata sottoposta a referendum, o se sono decorsi i tre mesi dalla pubblicazione senza che il referendum sia stato richiesto.

IL COMITATO DEI NO. Nella Sala della Regina di Montecitorio, messa a disposizione dalla presidente Laura Boldrini,  importanti costituzionalisti hanno preso la parola denunciando i gravi pericoli insiti nella riforma, soprattutto in combinazione con la legge elettorale “Italicum”, e hanno confermato che è già stata raggiunta la quota necessaria di deputati per chiedere il referendum, pari a 126 (che è appunto un quinto di 630, il totale degli eletti alla Camera). All’iniziativa del Comitato Democrazia Costituzionale per il NO nel Referendum, presieduta da Alfiero Grandi e Domenico Gallo, hanno preso la parola i professori Alessandro Pace, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Stefano Rodotà, Massimo Villone, Gustavo Zagrebelsky e l’avvocato Felice Besostri.

Sull’argomento riportiamo una parte di un recente intervento del professor Alessadro Pace su Repubblica:

pace alessandroLo strafalcione di Renzi

di Alessandro Pace

Bisogna dare atto della coerenza di Matteo Renzi per essersi impegnato a dimettersi dalla carica di Presidente del Consiglio qualora, nel referendum confermativo della riforma costituzionale che porta il suo nome, dovessero vincere i No. Il vero è, per quanto qui di seguito ricorderò, che la procedura applicata alla riforma Renzi-Boschi è assai più prossima a quella di una legge d’indirizzo politico che non a quella di una legge di revisione costituzionale, per cui non è privo di ragioni che, in caso di vittoria del No, Renzi ne tragga le relative conclusioni di ordine politico.

Sta di fatto che Renzi ha esercitato, insieme col ministro Boschi, l’iniziativa legislativa (il che è ammissibile per “talune” leggi costituzionali: ad esempio quelle di approvazione degli Statuti delle Regioni, ma non per quelle di revisione costituzionale); che Renzi, al tempo dei lavori in commissione, ha disposto – per interposta persona – la sostituzione di due parlamentari recalcitranti che avevano giustamente invocato il rispetto della libertà di coscienza (un senatore PD, intervenendo, in sede di rettifica, a proposito del mio articolo “Una libertà contraddetta” pubblicato su Repubblica il 15 luglio 2014, obiettò che «Tra i principi fondamentali della Costituzione non rientrano certo le modalità di elezione del Senato», evidentemente non rendendosi conto che, in gioco, c’era addirittura lo stravolgimento del ruolo e delle funzioni del Senato!); che Renzi, o chi per lui, ha irrazionalmente imposto all’assemblea tempi ristretti per l’approvazione della legge di revisione, non consoni ad una legge di revisione costituzionale (si rilegga l’intervento dell’onorevole Perassi in Assemble costituente!); che infine Renzi, o chi per lui, ha impedito – contro la prassi dello stesso Giorgio Napolitano, allora Presidente della Camera – la presentazione, alla Camera, di emendamenti sull’art. 2 del disegno di legge costituzionale, con la conseguenza che nel futuro articolo 57 della Costituzione, i nuovi senatori pur non essendo eletti direttamente, saranno eletti, dai consigli regionali, “in conformità alle scelte degli elettori”.

Il che non sfugge alla seguente alternativa: o l’elezione da parte del Consigli regionali sarà meramente riproduttiva della volontà degli elettori, e quindi inutile, oppure se ne distaccherà, e allora sarà illegittima.

Il che farà ridere i costituzionalisti di tutto il mondo, perché un simile strafalcione può essere perdonato in un regolamento, assai meno in una legge, mentre non è assolutamente giustificabile in una Costituzione.

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Per aderire al Comitato per il No basta inviare una e-mail a: segreteria.comitatoperilno@gmail.com

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