Direzione Pd con la minoranza che chiede discontinuità, Renzi ribadisce la continuità, e un ordine del giorno all’unanimità

C’è stata oggi – mentre alla Camera il presidente del Consiglio incaricato conduceva affannose consultazioni con i partiti per la formazione del governo – una singolare riunione della Direzione del Pd, con il segretario Matteo Renzi ostentatamente in tenuta casual ad ascoltare la relazione, tenuta (per la prima volta in tre anni) non da lui ma dal suo vice, Guerini,  e la minoranza a contestare confusamente il corso delle trattative sul governo semi-fotocopia del precedente, ma balbettando un consenso al tentativo di Gentiloni “per senso di responsabilità” (come al solito). Infine le conclusioni del medesimo Renzi, che ha insistito sulla brevità del nascente esecutivo senza di lui. Per  la minoranza è intervenuto l’ex capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, chiedendo la discontinuità “La realtà – ha detto Speranza – è sempre più forte della comunicazione e 33 milioni di italiani hanno mandato un messaggio che così non va proprio, bisogna cambiare con umiltà, cambiare rotta radicalmente. Così la sinistra non ha senso e noi non siamo più noi stessi ed il Pd è destinato a morire”.  Speranza ha invitato a “vedere la rabbia, il disagio, l’inquietudine nella società” e a smettere di “mettere la testa sotto la sabbia”. “Abbiamo perso in questi anni una parte del nostro popolo, che ha preso un’altra via. Nel Pd c’è stato chi ha scelto di rappresentarlo. Ora non bisogna chiudersi in se stessi, non pensare che la coalizione del referendum  sul Sì al referendum possa essere un nuovo soggetto politico, non votarsi al suicidio. E provare a convincere almeno una parte di chi ha votato No”, aggiunge Roberto Speranza. “In coerenza con l’impegno che abbiamo assunto di garantire la stabilità dell’esecutivo non faremo mancare sostegno all’indicazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quanto ai contenuti dell’azione di governo valuteremo la capacità di ascolto delle esigenze del Paese. Noi siamo per la stabilità. Ma oggi la stabilità è cambiamento”. Lo si afferma anche in un  documento della stessa minoranza.

Poi il discorso conclusivo (si fa per dire: il tutto è durato un’ora) di Renzi nella qualità di segretario del Pd in vacanza. “Credo – ha detto in apertura di intervento – sia un bel giorno quello nel quale diciamo tutti insieme buon lavoro a Paolo Gentiloni”. E ha insistito nel tentativo di scaricabarile: “Ci siamo assunti il compito della responsabilità, dopo aver ricevuto dagli altri partiti un diniego”, perché pretendeva che le opposizioni si assumessero il compito di riparare all’enorme guaio che lui ha combinato con la riforma costituzionale e il conseguente referendum. “Il nostro disegno – ha ammesso – è stato bocciato dagli elettori. Ora bisogna aprire una riflessione, io vorrei farla nel modo più ampio possibile ma senza cedere a rappresentazioni macchiettistiche”. Poi l’allusiva minaccia: “Se c’è un partito che discute, dovrà discutere di tutto, anche di come si sta insieme, anche della lealtà che ci si deve assicurare, anche della selezione della classe dirigente e delle scelte delle politiche economiche e sociali”. E ha aggiunto: “Io credo che per questo non c’è modo migliore del congresso”.  E cita una poesia dello scrittore brasiliano Fernando Sabino: “Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta un passo di danza, della paura una scala, del sogno un ponte, del bisogno un incontro. Questo è il Pd”.

Alla fine l‘ordine del giorno che sostiene la scelta del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di conferire l’incarico di formare il governo a Paolo Gentiloni è stato votato all’unanimità senza astenuti. E Matteo Renzi ha dato il via all’applauso della direzione.

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