Decadenza di Minzolini da senatore (per la carta di credito del Tg1): così si è difeso. E l’ha spuntata

“Sono pronto a bere la cicuta.  Qualunque sia l’esito del voto, un attimo dopo rassegnerò le dimissioni da senatore. Dopo però; non prima,  perché voglio che il Senato si esprima su un caso che io considero, con tutto il rispetto che posso avere per la magistratura, una grande ingiustizia”. Così nell’Aula del Senato ha concluso il suo intervento (applaudito a lungo e calorosamente) Augusto Minzolini, senatore di Forza Italia e giornalista (è stato redattore della Stampa e poi direttore del Tg1), che si dice “vittima di una vicenda kafkiana” per la condanna per peculato subita a causa dell’uso per spese personali della carta di credito che la Rai assegna ai direttori dei telegiornali.

“Alla fine di questo calvario”, aggiunge “sono convinto che la battaglia intrapresa vada al di là della mia persona”. “Sono convinto che certe incongruenze rappresentino occasione per fare punto sulla giustizia e la democrazia nel nostro Paese”. Poi Minzolini sottolinea che “queste battaglie per essere efficaci” devono essere “sterilizzate da interesse personale. Debbono essere solo battaglie di principio”. Il suo intervento a Palazzo Madama è avvenuto perché l’Aula  deve pronunciarsi sulla sua decadenza dal mandato di parlamentare, perché condannato con sentenza passata in giudicato, in base alla legge Severino. Minzolini, nella sua dichiarazione difensiva ha citato una frase che gli disse “qualche tempo fa Antonio Di Pietro” e cioè che “la politica porta guai…”.

Il gruppo di FI del Senato ha presentato due ordini del giorno per evitare che l’Assemblea si pronunci sulla decadenza: uno punta a far tornare in Giunta per le Immunità la vicenda, l’altro a respingere la deliberazione della Giunta che a luglio decise di proclamarlo decaduto dall’attività di parlamentare. L’ex direttore del Tg1 è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per peculato continuato nel novembre del 2015 a causa dell’utilizzo della carta di credito Rai.

Sul caso di Augusto Minzolini il gruppo del Pd ha dato  libertà di coscienza ai suoi senatori, molti dei quali gli hanno votato a favore. E infatti l’esito della votazione è stato favorevole a Minzolini: 137 sì contro 94 no e 20 astenuti. Ora lui, come ha annunciato, dovrebbe egualmente dimettersi, ma il regolamento delle Camere prevede che le dimissioni possono essere respinte e il dimissionario rimane in carica. Il M5s, che ha sostenuto l’incandidabilità retroattiva di Minzolini, afferma che c’è stato un voto di scambio tra Pd e Forza Italia: quest’ultima ieri ha slavato il ministro Lotti e i renziani hanno ricambiato oggi salvando Minzolini.

 

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