Contratti a termine e licenziamenti senza giusta causa: doppia marcia indietro del Pd rispetto ai diritti dei lavoratori. E rinvio al 2020 per la norma Bolkestein sul commercio ambulante

La manovra economica 2018-2020 sta subendo manomissioni,  omissioni, o rinvii che sembrano fatte apposta per accentuare le distanze tra un partito, il Pd, che si dichiara di sinistra ma si muove con scelte di destra. Oggi nella Commissione Bilancio della Camera la maggioranza ha fatto cadere l’emendamento che recava come prima firma quella di Chiara Gribaudo (Pd) e condiviso da molti deputati dem per la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima dei contratti a termine: sulla proposta – questa la motivazione – “non è stato trovato l’accordo politico”.
    E dopo la stretta sui contratti è saltata anche quella sui licenziamenti. Su indicazione del governo e del relatore alla manovra, il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha ritirato l’emendamento che portava da 4 ad 8 le mensilità minime da pagare al lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa. “L’esecutivo sta compiendo un errore che non è di poco conto – ha detto Damiano -. La prossima legislatura dovrà affrontare questo problema perché in Italia licenziare costa troppo poco ed è diventato troppo facile”. Ma, c’è da chiedersi, perché Damiano si è piegato? In  nome di chi e di che cosa? E dire che viene catalogato tra i parlamentari pd targati come “di sinistra”.

Nuovo rinvio – inoltre – per la piena entrata in vigore anche in Italia della direttiva Bolkestein sul commercio ambulante. Un emendamento del Pd approvato nella notte in Commissione Bilancio della Camera prevede che “al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni del commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre è prorogato fino a tale data”.

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