Conseguenze invalidanti dell’ictus: poiché regioni hanno il protocollo di riabilitazione

Solo sei Regioni in Italia presentano Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi per la riabilitazione di pazienti post-ictus.  Sono Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Marche. Nelle restanti Regioni la documentazione che regola questo ambito di erogazione delle cure sanitarie non è aggiornata, è dichiarata non operativa o non è del tutto pervenuta. È questa in sintesi la mappa del nostro Paese che emerge dalla prima fase dello Studio “La Riabilitazione post-ictus in Italia” realizzato dall’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce. Italia Onlus).

Lo Studio è stato presentato ieri al convegno intitolato “Dopo l’ictus cerebrale: percorsi di neuroriabilitazione in Italia tra competenze e passione”, organizzato da A.L.I.Ce. Italia Onlus e Fondazione Santa Lucia IRCCS nell’ambito delle iniziative per la XIII Giornata Mondiale contro L’Ictus che si celebra domenica 29 ottobre.

E’ stata un’occasione per fare il punto sulla patologia che rappresenta la prima causa di disabilità nell’adulto e può determinare la più ampia gamma di deficit funzionali, che richiedono risposte riabilitative diverse in relazione alla gravità del danno cerebrale subito. Non solo paresi degli arti superiori e inferiori, ma anche gravi problemi neurologici e cognitivi che compromettono l’autonomia della persona. Il 60 per cento dei pazienti presenta problemi visivi. Quasi la metà difficoltà di deglutizione e respirazione. Un paziente su tre soffre di disturbi del linguaggio e depressione.

I costi collettivi dell’ictus sono valutati nello Studio in 3,7 miliardi di euro, il 4 per cento della Spesa Sanitaria Nazionale. Un terzo è rappresentato dalle spese di trattamento nella fase acuta. Gli altri due terzi sono costi generati dalla disabilità.  Ci sono poi gli oneri che cadono sulle spalle delle famiglie. Secondo lo Studio di A.L.I.Ce. le spese famigliari aumentano del 58 per cento a causa della malattia.  Il 69 per cento dei pazienti di età compresa tra i 25 e i 59 anni deve abbandonare il lavoro a causa della malattia.

È fondamentale che in Italia si arrivi ad avere un protocollo uniforme da seguire per la riabilitazione di pazienti post-ictus – sottolinea Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Onlus -. La riabilitazione deve iniziare fin dalla fase di ricovero per poi proseguire in modo continuativo, senza interruzioni e senza rigide limitazioni temporali, in strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali”.

I progressi ottenuti nel trattamento   della fase acuta della patologia non fanno che accrescere l’importanza di affrontare gli aspetti di riabilitazione post-icuts. Secondo il Global Burden of Disease (GBD), il più grande Studio epidemiologico  dedicato  dal  1990  ad  oggi  al  monitoraggio  dei  tassi  di mortalità e di diffusione (morbilità) delle principali patologie in tutto il mondo, i decessi causati da ictus si  sono  infatti  ridotti  negli  ultimi  20  anni  in  tutti  i  Paesi  dell’Unione  Europea.  In Italia, in particolare, il tasso di mortalità è sceso di oltre il 30 per cento. Gli esperti ascrivono questo risultato ai progressi della medicina di urgenza, all’affermarsi di migliori stili di vita e al diffondersi della cultura della prevenzione.

Dei 200.000 casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, nell’80 per cento il paziente sopravvive, ma oltre 50.000 pazienti perdono l’autonomia secondo lo Studio di A.L.I.Ce. Un dato che trova conferma nelle stime della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), secondo cui “ogni anno in Italia circa 42.300 pazienti presentano   alla dimissione   dal reparto acuti esiti gravissimi di ictus per i quali è necessario un tempestivo ricovero in strutture di alta specialità adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione”.

Più sopravvissuti quindi con più bisogni di riabilitazione. In Italia il numero di persone che convive con disabilità conseguenti all’ictus sta raggiungendo ormai la soglia del milione (930.000).  Ciascun medico di medicina generale assiste 4-7 pazienti colpiti dalla malattia e 20 sopravvissuti con disabilità.

“Negli ultimi dieci anni il grado di autonomia dei nostri pazienti al momento del ricovero si è dimezzato – osserva il Dottor Antonino   Salvia, Direttore Sanitario della Fondazione Santa Lucia IRCCS – Assistiamo quindi pazienti sempre più gravi che richiedono percorsi di neuroriabilitazione intensi e multidisciplinari.  Un terzo di tutti i casi di ictus in Italia presenta deficit neurologici e cognitivi rilevanti che richiedono un’assistenza in strutture di neuroriabilitazione  di alta specialità, dotate di tutti i requisiti strutturali e di personale previsti dalla legge. Solo così è possibile affrontare in modo efficace tale complessità”.

La complessità è da una parte determinata dalla natura stessa del danno cerebrale e inoltre dalla diversità di deficit funzionali che l’ictus grave può provocare. Una diversità che spesso richiede per lo stesso paziente un approccio multidisciplinare teso  a  recuperare  non  solo  il  movimento,  ma anche comprensione e uso del linguaggio, il controllo di funzioni vitali come la respirazione e la deglutizione e altre facoltà complesse, come l’attenzione, la memoria, la capacità di organizzare e svolgere azioni, fondamentali per restituire alla persona una vita autonoma. “Senza una risposta adeguata a questi bisogni di neuroriabilitazione – prosegue il Dott. Antonino Salvia i costi sociali dell’ictus finiscono per traferirsi dall’obiettivo di restituire autonomia alla persona alla gestione della sua invalidità permanente”.

La stessa Italian Stroke Organisation (ISO) nelle Linee Guida di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale, per i casi di ictus grave raccomanda fortemente che il trattamento riabilitativo inizi fin dalla fase acuta dell’ictus e che il Progetto Riabilitativo Individuale sia realizzato in strutture specializzate da parte di un team interdisciplinare con esperienza specifica,  che  applichi  programmi  riabilitativi  e assistenziali in accordo con obiettivi definiti.

Nonostante le evidenze scientifiche e le linee guida nazionali e internazionali stabiliscano l’applicazione della riabilitazione in modo appropriato e omogeneo per tutti i pazienti colpiti da ictus su tutto il territorio nazionale, “questa prima fase dello Studio dimostra che nel nostro Paese non sempre la riabilitazione viene avviata tempestivamente – dichiara il Professor Domenico Inzitari, Ordinario di Neurologia dell’Università  degli Studi di Firenze  e Presidente  del Comitato  Tecnico  Scientifico  di A.L.I.Ce.  Italia Onlus –. Inoltre, troppo spesso non viene portata avanti con la sistematicità, la continuità e la durata necessarie. Ogni paziente deve uscire  dalla  fase  acuta  con  un  piano  riabilitativo  individuale  da sviluppare nelle varie fasi e nei vari contesti organizzativo-sanitari,  dalla fase intensiva ospedaliera, a quella estensiva territoriale fino alla domiciliare.”

Terminata la prima fase dello Studio A.L.I.Ce, dedicata alla raccolta sistematica e all’analisi comparativa di tutti i documenti istituzionali che regolano i percorsi di riabilitazione post-ictus nelle diverse Regioni italiane, ora il lavoro si estende ai professionisti medico-sanitari, ai pazienti e ai loro famigliari, con  l’obiettivo  di  valutare  la  reale  implementazione   delle  procedure  di  cura  e  il  grado  di soddisfazione  dei cittadini.  La realizzazione di questa seconda  fase è stata tra gli argomenti  della Tavola Rotonda che ha visto oggi coinvolti, a margine del Convegno, le principali società scientifiche e professionali del settore e alcuni centri di cura e di ricerca.

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