CHI PAGA LA “GRANDE RIFORMA” DELLE PROVINCE

di ENNIO SIMEONE – C’è stata una iniziativa del presidente della Provincia di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, passata sotto silenzio o comunque in sordina nei mass media, che merita invece di essere segnalata.  Ha inviato  un “esposto cautelativo”  alla Procura della Repubblica, alla Prefettura di Modena e alla Corte dei conti di Bologna per denunciare la disastrosa situazione finanziaria in cui si è venuto a trovare l’ente che lui presiede in conseguenza di una delle celebri e osannate riforme del duo riformatore Renzi-Delrio. Ci riferiamo alla riforma esaltata sotto le voci “abolizione delle Province”,  “abolizione degli enti inultili”, “tagli alla politica”  e ripetutamente sbandierata nelle esibizioni televisive della coppia di statisti e orgogliosamente inserita nel polpettone costituzionale propinato agli italiani e dagli italiani poi sonoramente bocciato con referendum il 4 dicembre scorso.

Muzzarelli in effetti ha aderito alla indicazione  espressa dall’ultima assemblea dell’Unione delle Province d’Italia (Upi), che ha invitato ad analoghe iniziative tutti i presidenti delle Province italiane in vista del Consiglio dei ministri del 24 marzo. In questa data, infatti, il governo dovrebbe adottare provvedimenti per ridurre i prelievi, previsti dalle leggi di Stabilità, sulle risorse delle Province che, si legge nell’esposto,  comportano per l’ente un serio rischio di incorrere in gravi responsabilità.

«I cittadini – sottolinea il presidente della Provincia di Modena  – hanno diritto a strade e scuole sicure, ma con questi prelievi forzosi, un autentico federalismo al contrario, non siamo nelle condizioni di approvare un bilancio e di garantire l’erogazione dei servizi». In sostanza gli ineffabili costituzionalisti Renzi e Delrio, con il sostegno dei loro sodali (cioè i parlamentari della maggioranza governativa di ieri e di oggi) hanno tolto alle Province i finanziamenti e il personale prima che si svolgesse il referendum (dando per scontata la vittoria del Sì, che non c’è stata) ma non le hanno sgravate dei compiti e delle competenze che esse avevano e che continuano ad avere, come, per esempio, quello di gestire circa centomila chilometri di strade e diverse centinaia di istituti scolastici.

Nell’esposto, giustamente, i prelievi dello Stato ai danni delle Province vengono definiti «una violazione dell’art. 119 della Costituzione, nonché del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione». Prelievi che la Corte dei Conti ha giudicato «illegittimi e irragionevoli, tali da rendere impossibile lo svolgimento delle funzioni istituzionali».

Ora toccherà a Gentiloni e a Padoan provvedere, perché Delrio è incompetente e Renzi è impegnato nella campagna delle primarie del Pd per tentare di farsi rieleggere segretario e poi coltivare la speranza di scalare di nuovo Palazzo Chigi. Che, più che di una impresa da maturo boy scout, ha il sapore di una minaccia.

2 Commenti

  1. Alcuni mesi fa avevo inviato alla stampa il mio pensiero sulle province:
    Province, quale futuro?
    Con la vittoria del no, siamo di fronte ad un’avvenuta incostituzionalità della Delrio. In pratica, con il no, le Province (anche le Città Metropolitane?), ritornano organi costituzionali, com’erano prima della Delrio, a questo punto l’ente Provincia, oggi di secondo livello, dovrà essere infatti disciplinato costituzionalmente e quindi avere autonomia finanziaria, normativa e statutaria, com’era prima e non si potrà derogare dal principio di rappresentatività diretta. Se le elezioni di secondo livello non avranno più valore, perché i rappresentanti di un organo costituzionale devono essere eletti dai cittadini (non dagli amministratori), lo scenario potrebbe essere il seguente: Una nuova legge, che il Parlamento dovrà emanare in poco tempo, e prima della fine della legislatura, dovrebbe disciplinare di nuovo le funzioni delle Province in accordo alla Costituzione, e quindi anche le modalità di elezione dei consiglieri. A mio modesto parere, ritengo che il progetto di abolizione delle Provincie, anticipato dalle disposizioni normative della Legge Del Rio (n. 56/2014). La Del Rio, una Legge, che ha impostato la disciplina delle Provincie in termini chiaramente transitori, in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione (art. 1 comma 51). L’art. 114 della Costituzione, la cui validità è stata confermata dal referendum costituzionale, statuisce, infatti, che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Regioni e dallo Stato. Oggi più che mai, allora, le Provincie fanno parte degli enti costitutivi della Repubblica. La Provincia è un ente di area vasta, un ente costitutivo della Repubblica, che ha bisogno di consiglieri provinciali e presidenti dotati di forza politica adeguata a potere curare gli interessi generali del territorio di competenza, in adempimento di un dovere pubblico di rango costituzionale. La matrice di derivazione territoriale, implicata dal meccanismo elettorale di secondo livello e dalla ristrettezza degli eleggibili nell’ambito di rappresentanze già costituite presso gli enti comunali, impedisce ad un ente costituzionale, come la Provincia, di possedere quella autonomia politica ed amministrativa, che è invece necessaria per potere abbracciare in un armonico e lineare sguardo d’insieme, la vasta area che ne costituisce il bacino di intervento.
    Il mio auspicio è quindi che si giunga celermente a una doverosa riscoperta dell’ente Provincia, secondo la nostra Costituzione, che ne costituisce il connotato, e si appresti a dotare nuovamente le provincie di personale politico legittimato dal suffragio universale. Spezia, Savona e Imperia, hanno eletto i nuovi Consigli Provinciali, quanto rimarrebbero in carica questi consigli, poiché, come è avvenuto anche a livello nazionale, con la dichiarazione di incostituzionalità della legge elettorale Porcellum , i consiglieri provinciali non decadrebbero immediatamente, ma comunque resterebbero in carica per poco, cioè fino all’indicazione delle nuove elezioni, causando, ancora una volta, sperpero di danaro pubblico.

  2. L’analisi di Angelo è una lezione a tutta la politica italiana… sia a quella che ha creato questo caos con il Pd in testa e sia per i 5 stelle che si sono messi sull’onda populistica dell’inutilita delle province senza mai spiegare chi e come le avrebbe sostituite specie nell’erogare servizi fondamentali e indispensabili al Paese. Credo che non ci sia più scadente politica di quella nostrana. Bastava eliminare le migliaia di inutili enti che costano miliardi di euro e che spesso hanno ai vertici nominati della politica… Bastava eliminare piccoli comuni piccole province e piccole regioni… Bastava rivedere una volta per tutte che sensi ha al 2017 avere regioni a statuto speciale o province autonome. Non hanno risparmiato nulla è hanno creato in compenso caos, confusione e aumento di spese e costi… le strade e le scuole senza manutenzione ordinaria vanno in contro a danni cui occorrerà 100 o 1000 volte di più di quanto ci voleva in una condizione di normalità. Le riforme… se queste sono Siam o rovinati! Il presidente della Repubblica quando interviene? Un ente riconosciuto dalla Costituzione che è lasciato sul lastrico e che non ha i rappresentanti eletti dal popolo… dei sindacati che si sono apertamente schierati x l’abolizione e che oggi sono al fianco dei lavoratori delle province… presidenti che minacciano azioni eclatanti ma hanno chinato la testa al potere dei propri partiti votando Si al referendum e quindi anche per l’abolizione dee province… come vedete in Italia non vi dovete meravigliare di niente poiché qui chi si alza la mattina scombussola anche centinaia di anni di storia e di Buona amministrazione del territorio. Se questo è un Paese democratico e che rispetta le leggi prima di ogni altro cittadino dia l’esempio ripristinando come norma vuole le elezioni e le funzioni di vitale importanza e uniforme nel Paese e non a discrezione della Regione y o x!!!!

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