CATALOGNA. Puigdemont e 4 ministri restano in Belgio. Giuristi e politici all’UE: «Madrid viola la Convenzione dei diritti dell’uomo»

Il leader catalano Carles Puigdemont e i 4 ministri su cui pende un mandato d’arresto europeo emesso dalla giustizia spagnola, e che sono rimasti in Belgio, si sono presentati al commissariato di polizia a Bruxelles. Ora verranno portati davanti a un giudice istruttore, al quale spetterà decidere sul mandato di arresto europeo spiccato dalla Spagna. “Perché un giudice entri nel merito, le persone ricercate devono essere prima private della libertà”, ha spiegato a Europa Press il portavoce della magistratura Gilles Dejemeppe. La Procura belga ha intanto fatto sapere che oggi alle 14 annuncerà come intende procedere nell’esame del mandato di arresto europeo emesso dalla Spagna.

GIURISTI EUROPEI ALL’UNIONE EUROPEA:

«MA LA SPAGNA IN CATALOGNA

STA VIOLANDO LO STATO DI DIRITTO»

Duecento giuristi, accademici e eurodeputati, tra i quali gli italiani  Barbara Spinelli, Gustavo Zagrebelsky, Moni Ovadia, Antonio Negri, e il greco Varoufakis, in un messaggio indirizzato al presidente della Commissione  Europea, Juncker, e al presidente del Consiglio Europeo, Tusk, si fanno portavoce della preoccupazione che l’Unione Europea stia assistendo passivamente ad una azione, da parte del governo di Madrid nei riguardi della Catalogna, in contrasto con lo stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali  vincolanti per gli Stati membri dell’UE (articoli 2 e 6 del Trattato di Lisbona). La leadership Ue – ricorda il messaggio – è stata custode di queste norme, da ultimo nel contrastare gli attacchi del governo polacco all’indipendenza dei giudici e le limitazioni delle libertà della società civile e dei media in Ungheria.

«Non prendiamo posizione sulla sostanza della disputa concernente la sovranità territoriale, e siamo coscienti dei difetti procedurali nell’organizzazione del referendum del 1° ottobre – precisano i firmatari del messaggio – ma la nostra preoccupazione centrale riguarda l’applicazione dello stato di diritto in uno Stato membro».

«Il governo spagnolo ha giustificato le proprie azioni invocando la difesa o il ripristino dell’ordine costituzionale. L’Unione ha dichiarato che si tratta di affari interni alla Spagna. (…) Tuttavia – affermano gli autori del messaggio – il modo in cui Madrid ha trattato la domanda di indipendenza espressa da una parte significativa dei catalani costituisce una violazione dello stato di diritto, e precisamente:

1) il Tribunale costituzionale spagnolo ha proibito il referendum sull’indipendenza, così come la sessione del Parlamento catalano programmata per il 9 ottobre, denunciando la violazione dell’articolo 2 della Costituzione che stabilisce l’unità indissolubile della nazione, e rendendo dunque illegale la secessione. Tuttavia, applicando in tal modo l’articolo 2, il Tribunale ha violato precise disposizioni costituzionali sulla libertà di riunione pacifica e di parola – i due principii incarnati dai referendum e dalle deliberazioni parlamentari, indipendentemente dalla materia su cui si esplicano (…).

Applicare una disposizione costituzionale violando i diritti fondamentali è una caricatura della giustizia. Le sentenze del Tribunale, e le azioni governative alle quali queste sentenze hanno fornito una base legale, violano quindi sia lo spirito sia la lettera dello stato di diritto.

2) Nei giorni che hanno preceduto il referendum le autorità spagnole hanno attuato una serie di azioni repressive contro funzionari pubblici, parlamentari, sindaci, media, società e cittadini. (…).

3) Nel giorno del referendum, la polizia spagnola è ricorsa all’uso eccessivo della forza e della violenza contro votanti e dimostranti pacifici, secondo Human Rights Watch. (…)

4) L’arresto e l’incarcerazione il 16 ottobre di Jordi Cuixart e Jordi Sànchez con l’accusa di sedizione è un esempio di mala giustizia. I fatti all’origine dell’incriminazione vanno qualificati non come sedizione, ma come libero esercizio del diritto di manifestazione pacifica, sancito nell’articolo 21 della Costituzione spagnola».

Il messaggio così prosegue: «Il governo spagnolo, nello sforzo di salvaguardare la sovranità dello Stato e l’indivisibilità della Nazione, ha violato diritti e libertà basilari, garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dagli artt. 2 e 6 del Trattato di Lisbona. (…) Il silenzio dell’Ue e il suo rifiuto di mediazioni inventive è ingiustificabile.

Contrariamente al “governo per mezzo della legge” (rule-by-law) applicata in forza di norme emanate attraverso una corretta procedura legale o emesse da un’autorità pubblica, lo stato di diritto (rule of law) implica la contemporanea salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali – una legge è vincolante non semplicemente perché proceduralmente corretta, ma perché rappresenta al tempo stesso la giustizia. È quest’accezione di stato di diritto a conferire legittimità alle autorità pubbliche nelle democrazie liberali.

Chiediamo dunque alla Commissione Europea e il Parlamento Europeo  di esaminare la situazione in Spagna nel quadro dello stato di diritto, come è stato fatto per altri Stati membri. La leadership Ue ha ribadito che la violenza non può essere uno strumento in politica, eppure ha implicitamente condonato le azioni della polizia spagnola, considerando le azioni del governo di Madrid in linea con lo stato di diritto. Tale versione riduzionista (…) è pericolosa e rischia di causare danni a lungo termine nell’Unione. Chiediamo perciò al Consiglio europeo e alla Commissione di fare il necessario per restaurare il principio dello stato di diritto quale fondamento della democrazia liberale in Europa. (…) In assenza di ciò, e di seri sforzi di mediazione, l’Ue rischia di perdere la fiducia dei suoi cittadini».

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