BOTTA E RISPOSTA/ Virginia Raggi spiega a Padellaro perché Roma si può curare e perché è giusto parlare dell’eredità lasciata da chi ha governato in passato la città

Il 28 maggio scorso Il Fatto Quotidiano ha pubblicato una lettera aperta di Antonio Padellaro alla sindaca di Roma, Virginia Raggi, lamentando alcune disfunzioni dei servizi comunali (trasporti e raccolta dei rifiuti) vissuti e subìti da cittadino romano. Oggi, 2 giugno, ha pubblicato la replica della sindaca, che tocca anche un argomento che costantemente viene sollevato e spesso contestato: quello delle responsabilità di chi ha amministrato Roma (e l’Italia) negli anni precedenti il giugno 2016, quando in Campidoglio si è insediata la giunta a 5 stelle.  Riteniamo giusto darne conto anche ai nostri lettori.

La lettera di Virignia Raggi 

«Caro Antonio Padellaro, ho letto la sua lettera aperta con la quale ha lanciato un grido di dolore per la città di Roma. Lo stesso sentimento che condivido e che mi ha spinto due anni fa ad accettare una sfida difficilissima: provare a invertire il declino che ha investito la mia città e restituire normalità alla vita di tutti noi romani. Tutti i giorni vivo sulla mia pelle quanto descritto da lei e soffro. Lei dice che sorrido, come se fossi indifferente. Si sbaglia, si sbaglia di grosso. I problemi di Roma li sento talmente miei che non passa ora del giorno e della notte che non impegni per trovare soluzioni. Il mio è un sorriso di non rassegnazione e di sfida. Io non mi arrendo ma reagisco.

Ha citato il mio intervento in tv. La scorsa settimana sono andata a Piazza Pulita a difendere la mia città che ogni giorno è sottoposta a un attacco mediatico continuo: Roma non è perfetta ma non è l’inferno come si vuol far credere. Non ci sto a questa narrazione a senso unico. Così come non ci sto alle critiche di coloro che riducono le mie sacrosante lamentele a “dare la colpa a chi c’era prima”. Dovrei fare finta di nulla?

Le fornisco un dato. Quelli che ci hanno preceduto hanno scavato un buco da 13 miliardi che paga anche lei ogni giorno con la mancanza di servizi ai cittadini: penso a un autobus che ritarda, agli asili che non sono stati costruiti, ai mezzi pubblici vecchi di 18 anni. Mi spiego meglio. I “capaci” andavano al ristorante, addirittura invitavano i loro amici a sbafo e al momento del conto dicevano: “Paga quello che viene dopo”. “Quello che viene dopo” sono i cittadini e l’amministrazione che ho l’onore di guidare. Se credono di ridurmi al silenzio con la filastrocca che non devo parlare del passato, si sbagliano. Non faccio sconti a nessuno. Ricordo quando sono andata all’inaugurazione della Nuvola all’Eur: volevano che sorvolassi sugli oltre 400 milioni spesi per realizzarla. Invece, all’inaugurazione ho detto quello che tutti i romani pensavano: un’opera con costi ingiustificabili. I “capaci” non la presero bene e mi fischiarono. Qualche mese dopo la Corte dei Conti mi ha dato ragione.

E noi che abbiamo fatto? Intanto, abbiamo invertito la rotta: abbiamo ridotto di 200 milioni il debito di Roma e abbiamo chiuso due bilanci senza creare nuovi buchi. Significa che i nostri figli non dovranno pagare al posto nostro. Per avere un’idea di ciò che possiamo fare con 200 milioni, consideriamo per praticità questa informazione: con un milione si può aprire un nuovo asilo, oppure acquistare tre autobus o ancora riasfaltare chilometri di strade.

Potrò lamentarmi del fatto, ad esempio, che negli ultimi decenni invece di rifare l’asfalto hanno sperperato i soldi dei cittadini? E non lo dico io, ma la magistratura che ha arrestato imprenditori e amministratori disonesti nelle inchieste su “asfalto e mazzette”.

Per rimediare alla mancanza di manutenzione degli ultimi decenni sono necessari almeno 250 milioni l’anno per i prossimi cinque anni: a bilancio noi ne abbiamo 30 ogni anno perché il Comune di Roma può permettersi soltanto questo per colpa dei “capaci” di prima.

Ogni anno dobbiamo pagare 200 milioni per ripianare il debito di chi ci ha preceduto. Se avessi quei 200 milioni l’anno non avrei problemi a rifare tutte le strade della città o realizzare i tanti progetti che aspettano soltanto di essere finanziati. Ma quei soldi non ci sono. Questa è la realtà che provo a raccontare in tv. E le assicuro che non sorrido ma sono davvero arrabbiata.

Gli autobus in fiamme? Faccio parlare i numeri. Abbiamo ereditato un’azienda, l’Atac, reduce dallo scandalo delle assunzioni di “parentopoli” e con 1 miliardo e 300 milioni di debiti. Appena arrivati abbiamo trovato 900 autobus marcianti su 2000; pezzi di ricambio pagati il doppio del prezzo di mercato. Ci siamo rimboccati le maniche: abbiamo licenziato gli assunti di parentopoli; abbiamo rimesso ordine nell’acquisto dei pezzi di ricambio; abbiamo sbloccato l’acquisto di 150 autobus nuovi e ne abbiamo acquistati altri 15 con i fondi del Giubileo; abbiamo messo in strada 45 filobus nuovi che da anni giacevano in un deposito (chi li comprò è stato condannato a 5 anni per un presunto giro di mazzette); abbiamo stanziato 167 milioni per acquistare altri 600 autobus; abbiamo avviato attività di controllo dei sistemi anti-incendio su tutta la flotta a rischio. Anche io avrei voluto rottamare gli autobus che hanno oltre 15 anni, come quello che è andato in fiamme in via del Tritone. Abbiamo fatto tutto ciò che si può per sostituirli ma per cambiare 2000 autobus ci vogliono anni e non pochi mesi.

Chi pretende che la flotta di mezzi dell’azienda pubblica più grande d’Europa si rinnovi in un anno sta mentendo ed è in malafede. Non entro nel merito del concordato preventivo con il quale punto a far rimanere pubblica e comunale questa azienda, e non svenderla ai privati. I privati non investirebbero mai sulle tratte periferiche dove, invece, c’è più bisogno di servizi per i cittadini. Io non voglio servizi di serie A per il centro e servizi di serie B per le periferie. E non cambio idea. In tv ho lottato per preservare l’immagine della mia città. Nessun sorriso ma tanta determinazione. Altro che “atarassia”!

Lei scrive che “Roma pare incurabile”. Non lo è. Roma sta ripartendo. Da quando mi sono insediata ho subito attacchi mediatici incredibili ma, anche in questo, ho cercato di trovare un aspetto positivo: non si è mai parlato così tanto di Roma e dei suoi problemi. Così facendo si è creata una coscienza civica che alla mia città mancava. E questo – malgrado le accuse violentissime e spesso infondate nei confronti miei e della mia squadra – è un bene perché sono e resto la sindaca di tutti i romani. Lei parla di “atarassia”, io le rispondo con “l’empatia” che provo per la mia città e per tutti i miei concittadini. Non chiedo sconti ma pretendo coraggio da parte di tutti coloro che hanno l’immenso potere di raccontare: possibile che non ci sia mai nulla di positivo su cui scrivere? Non credo. Io non chiedo sconti, come non ne faccio neanche io. Roma la amo fin da quando sono nata. Sto lottando con tutte le mie forze per cambiare un sistema e per portare normalità nella mia città».

Virginia Raggi

La risposta di Antonio Padellaro : «Gentile Virginia Raggi, la migliore risposta alle cose da lei scritte la daranno i cittadini di Roma quando finalmente vedranno i frutti del vostro lavoro. Non capita spesso che chi amministra la cosa pubblica – tra tante difficoltà e critiche – sappia mettersi in gioco con trasparenza rilanciando la sfida. È ciò che leggo nelle sue parole. Le auguro (e mi auguro da romano come Lei) di poterle presto dare ragione. Con accresciuta stima».

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