Botta e risposta tra ministeri della Difesa (Trotta) e dell’Interno (Salvini) sullo sbarco a Messina della nave irlandese con 106 migranti a bordo

Sul problema delle navi militari di altri Paesi che raccolgono in mare migranti in zona Sar (ndr: Search and Rescue: Ricerca e Salvataggio non italiana e poi li sbarcano in Italia, è l’altro aspetto  del sistema di soccorso nel Mediterraneo a cui il governo italiano, ma in particolare il ministro Salvini, intende porre fine. E’ quello che è avvenuto ieri sera a Messina con lo sbarco di 106 migranti (93 uomini, 11 minorenni e due donne, una delle quali incinta), soccorsi in zona Sar maltese dalla nave militare irlandese “Samuel Beckett“, che fa parte della missione Eunavformed. E sarà il tema al centro di un incontro tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per valutare una soluzione alternativa da proporre all’Europa. «Dopo aver fermato le navi delle Ong – ha detto Salvini – giovedì porterò al tavolo europeo di Innsbruck la richiesta italiana di bloccare l’arrivo nei porti italiani delle navi delle missioni internazionali attualmente presenti nel Mediterraneo. Purtroppo i governi italiani degli ultimi 5 anni avevano sottoscritto accordi (in cambio di cosa?) perché tutte queste navi scaricassero gli immigrati in Italia. Ma con questo governo la musica è cambiata e cambierà».

A stretto giro di posta però è arrivata una nota informale  dal ministro della Difesa Elisabetta Trenta, in cui si precisa che sulle missioni internazionali la competenza non è del Viminale e si fa un’allusione piuttosto polemica: «Eunavformed è una missione europea ai livelli Esteri e Difesa, non Interni. Quelle che vanno cambiate sono le regole di ingaggio della missione e per farlo occorre farlo nelle sede competenti, non a Innsbruck. Pertanto l’azione deve essere coordinata a livello governativo, altrimenti l’Italia non ottiene nulla oltre a qualche titolo sui giornali, fermo restando che la guida italiana per noi è motivo di orgoglio».
Replica dal ministero dell’Interno: «Lo sbarco di ieri sera a Messina  è frutto di vecchi accordi, eredità dell’operazione Sophia, che va certamente modificata».

In realtà lo sbarco della nave irlandese a Messina è  una contraddizione dei principi richiamati dal governo italiano, che ha battuto i pugni per chiedere maggiore responsabilità all’Europa e per negare l’accesso alle navi delle Ong, navi straniere a cui il governo italiano ha chiuso i porti dicendo di far riferimento al coordinamento della guardia costiera libica e di portare i migranti nel porto più vicino, dunque Nord Africa o Malta, o in alternativa in quello del Paese di cui batte bandiera la nave.

Ma ieri, in situazione analoga, il soccorso è stato coordinato dalla sala operativa de La Valletta, ma poi la nave ha fatto rotta verso l’Italia in ossequio alla direttiva della portavoce del Consiglio UE, che aveva sottolineato che le navi europee non devono sbarcare in Libia i migranti perché il regime di quel paese “è contrario ai valori europei”.

Ad attenderla la nave irlandese ha trovato un gruppo di manifestanti pro accoglienza che indossavano le magliette rosse  e che aderiscono all’iniziativa promossa dall’associazione Libera di don Ciotti con l’adesione di Anpi, Arci e Legambiente. Le operazioni di primo soccorso sono state coordinate dalla Prefettura di Messina, con la collaborazione di Capitaneria, forze dell’ordine, Croce Rossa e associazioni di volontariato. Il gommone con le 106 persone a bordo era partito 16 ore prima da Garabulli, costa  libica.

Sull’argomento leggi anche: https://www.altroquotidiano.it/soccorsi-in-mare-queste-le-regole-da-rispettare-e-da-far-rispettare-anche-per-la-chiusura-dei-porti/

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