Aspettando Bullmann

di SERGIO SIMEONE* – Sta prevalendo in questi giorni, soprattutto dopo i casi “Diciotti” e “Sea watch”, la valutazione della politica del Governo italiano sul fenomeno migratorio in base ai criteri di legittimità e di consenso degli elettori.

Si tratta, a mio parere, di criteri fuorvianti: vorrei ricordare che, ad esempio, anche la politica di persecuzione razziale degli ebrei praticata dai fascisti era prevista e regolamentata da leggi e che quando Mussolini il 18 settembre 1938 annunciò in un memorabile discorso a Trieste la promulgazione di queste leggi, l’ enorme folla che gremiva  piazza dell’Unità gli tributò una  entusiastica ovazione. Eppure ormai tutti convengono che la politica razzista di Mussolini era un abominio.

Anche la politica praticata da Salvini per arrestare il fenomeno migratorio, che pure è regolamentata da una legge  (il cosiddetto decreto sicurezza)  e gode del favore della maggioranza degli italiani,  è, a mio parere, un abominio. E’ un abominio perché essa consiste essenzialmente nel produrre sofferenza fisica e psichica in altri esseri umani. Sofferenza nei confronti dei naufraghi, ai quali viene impedito di sbarcare nei nostri porti raggiunti molto spesso dopo inenarrabili traversie (comprese le torture); sofferenza nei confronti dei migranti che si trovano nel nostro Paese e che non possono essere espulsi.

Questo aspetto deve essere precisato:  la sofferenza  in questi casi non è un effetto collaterale dell’azione del nostro ministro dell’Interno, ma un obiettivo voluto e perseguito con fredda premeditazione; si bloccano progetti di integrazione come gli SPRAR e si strappano i bambini dalle scuole in base ad una precisa scelta: meglio creare dei clandestini, che andranno ad ingrossare le file della malavita che permettere ai migranti di mettere radici, attraverso la scuola e il lavoro, nel tessuto civile del nostro Paese. Meglio sradicarli e disperderli, come si fa con le erbacce.

Ma se la politica di Salvini incontra il favore della maggioranza degli italiani non è solo perché negli italiani, nei momenti di crisi, emerge lo spirito guicciardiniano della cura del proprio “particulare”, ma anche perché la formula di Salvini, dopo il fallimento dei tentativi dei precedenti governi di dare una soluzione umana e ragionevole con il coinvolgimento dell’Europa, appare l’unica in grado di impedire che l’Italia sia travolta dall’ondata migratoria.

Ma chi è che può dare la sveglia all’Europa su questo tema? Non ci aspettiamo niente, ovviamente,  dai partiti che sono al potere nei paesi  del gruppo di Visegrad, pienamente in sintonia con la politica di Salvini. Poco possiamo aspettarci   anche dal PPE, poiché, dopo la generosa  politica di accoglienza di Angela Merkel verso i profughi siriani, questo partito, dopo qualche infortunio elettorale,  ha cominciato a lanciare segnali al fronte sovranista,  come la scelta del candidato alla presidenza della Commissione, fatta cadere su quel Weber, che risulta gradito anche ad Orban.

Non ci resta  che sperare  nei partiti socialisti, quelli che ci facevano cantare a squarciagola nei cortei “l’Internazionale futura umanità”.

Ho perciò molto esultato quando ho appreso che giovedì 30 gennaio il capogruppo del Partito dei socialisti e democratici europei, Udo Bullmann, si sarebbe recato a Siracusa per rendersi conto di persona della condizione dei migranti tratti in salvo dalla Sea  Watch. Ero certo che avrebbe annunciato una forte iniziativa del suo gruppo. Ho successivamente cercato di sapere, consultando la stampa, che cosa avesse dichiarato il parlamentare europeo dopo la visita; ma non ho trovato nulla.

Delle due l’una: o questo Bullmann è una persona molto discreta che non ama far sapere in giro le cose che pensa,  o non ha detto niente di rilevante che meritasse di essere riportato dalla stampa. Temo che l’ipotesi giusta sia la seconda.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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