A RUOTA LIBERA/ Rubrica (n. 191) di LUCIO DE SANCTIS/ Diesel usato +6% – Mercato del bus in salute – Treni: meno vittime ma più incidenti – Co2: Italia in ritardo ma positivo – Ripartono i lavori stradali

di LUCIO DE SANCTIS –

Le aste giovano ai diesel – Secondo i risultati del Gruppo Bca, primaria società europea di aste automobilistiche, nei primi nove mesi dell’anno le vendite di auto diesel usate sono aumentate del 3% a livello europeo e di oltre il 6% in Italia, rispetto allo stesso periodo del 2017 mantenendo una buona tenuta dei livelli di valore residuo.
I dati raccolti da Bca Italia evidenziano una disomogeneità che sta dando vita a nuovi flussi di mercato che spostano i volumi di vendita dalla città alla provincia e da nord a sud, verso aree dove il diesel usato è ancora la scelta che offre il miglior rapporto costo-vantaggio.
Lo stesso trend si verifica a livello internazionale con flussi consistenti di auto diesel che dalla Germania si stanno spostando verso l’Europa dell’Est, verso i Paesi dove la crescita delle immatricolazioni è costantemente a doppia cifra, come Polonia, Croazia o Lituania consentendo così ai valori residui di mantenersi stabili.
L’analisi della Bca rileva che mediamente nei singoli Paesi europei le vendite all’estero rappresentano circa il 40% del totale delle aste automobilistiche, mentre in Italia, nei primi nove mesi del 2018, il livello di export è cresciuto del 56% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e parallelamente è cresciuto del 60% l’import dalla Francia, Germania e Danimarca.
Da notare che Bca misura l’andamento dei valori residui dell’usato attraverso il sistema MarketPrice, basato sull’andamento delle aste e quindi su vendite reali e valori aggiornati costantemente.
Il servizio di gestione delle permute MarketPrice è stato realizzato ad hoc per i dealer e permette di dare a qualsiasi vettura una quotazione in linea con il reale andamento del mercato B2B e allo stesso tempo rappresenta un valido strumento di osservazione sui valori residui, che può contare su un campione di 3,4 milioni di quotazioni di veicoli ogni anno in Europa.

In un mercato così ampio, chi vende può spuntare prezzi migliori fino al 20% e c’è un vantaggio anche per chi compra: i buyer professionali hanno a disposizione 24 ore su 24 un parco completo di offerte per tutti i gusti e tutte le tasche. Il vantaggio per i clienti finali è rappresentato dall’ampiezza dell’offerta e quindi dalla possibilità di scelta. Si vedono transitare un numero sempre maggiore di diesel tedeschi di alta gamma, in molti casi modelli recenti, che in Germania non sono più richiesti e vanno in asta a prezzi ottimi.

Il TPL aiuta il mercato bus – Il mercato degli autobus con ptt superiore a 3.500 kg, nel mese di settembre registra 461 nuove unità, riportando un incremento del 43,2%. Nel mese, crescita positiva per gli autobus adibiti al TPL (+250,6%), mentre gli altri comparti registrano una flessione: -5,8% per gli autobus e midibus turistici, -30,2% per i minibus e –28,9% per gli scuolabus.

Nel progressivo da inizio 2018, sono stati rilasciati 3.506 libretti di autobus contro i 2.586 di gennaio-settembre 2017 (+35,6%). Nel periodo gennaio-agosto 2018 si rileva un trend positivo per tutti i comparti, ad eccezione dei minibus (-1%): +88,1% per gli autobus adibiti al TPL, +2,9% per autobus e midibus turistici e +6,5 per gli scuolabus, rispetto ai primi nove mesi del 2017.

Nei primi nove mesi del 2018, il risultato positivo degli autobus, in particolare del comparto degli autobus urbani (2,7 il moltiplicatore delle vendite rispetto ad un anno fa) e interurbani, prosegue grazie al TPL

FS, meno vittime più incidenti Nel 2017 si sono verificati 104 incidenti ferroviari significativi: 99 sulla rete gestita da RFI e 5 sulle reti di competenza dei gestori regionali. Il dato è in crescita rispetto al 2016 ma inferiore al valore medio del periodo 2007-2017 (-14% rispetto al 2007, anno di istituzione dell’Agenzia). Le vittime, intese come morti e feriti gravi, diminuiscono nel 2017 rispetto al 2016: i decessi passano da 85 a 55 e i feriti gravi da 42 a 37. Occorre tuttavia considerare che il dato del 2016 è sensibilmente influenzato dalle conseguenze dell’incidente avvenuto tra Andria e Corato.

Sull’incidentalità ferroviaria l’Italia si colloca tra i valori più bassi dell’Ue pur mostrando possibili margini di miglioramento in particolare sul fronte della manutenzione e degli investimenti dei pedoni. È questa in sintesi la fotografia che emerge dalla “Relazione sulla sicurezza ferroviaria nel 2017”, presentata dall’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti alla presenza del ministro Toninelli. I dati sono stati illustrati dall’ingegnere Marco D’Onofrio, vicedirettore incaricato dell’ANSF.

“Come è apparso chiaro fin dall’inizio del mio mandato, – ha dichiarato Toninelli – ho voluto mettere il tema della sicurezza ferroviaria, soprattutto rispetto alle tratte regionali e locali, tra gli obiettivi più importanti da perseguire. Nel contratto di programma tra Stato e RFI si sta facendo un grande sforzo per incrementare gli investimenti su questo fronte. Dall’altra parte, dobbiamo stimolare le Regioni, in veste di concedenti di servizi di trasporto ferroviario, a spingere i concessionari a usare bene il danaro”.

Anche nel 2017 la quota preponderante degli incidenti è correlata all’indebito attraversamento della sede ferroviaria da parte di pedoni, inclusi i casi accaduti in corrispondenza dei passaggi a livello. Tale fenomeno riguarda il 73% degli incidenti significativi e l’85% delle vittime (49 morti e 29 feriti gravi). La causa va ricercata principalmente in comportamenti individuali impropri sui quali è necessario incrementare la consapevolezza degli utenti. Permane inoltre l’importanza dell’adozione di sistemi tecnici e tecnologici per impedire il manifestarsi del fenomeno. Per contrastare la tendenza verso comportamenti pericolosi e comunque illeciti, l’ANSF da diversi anni è scesa in campo con campagne di sensibilizzazione che hanno coinvolto partner quali la Polizia Ferroviaria, le Federazioni della Pallacanestro, del Rugby e della Pallavolo e molti uffici scolastici regionali. Nel 2017 ha prodotto uno spot di pubblica utilità andato in onda sulle reti Rai, sui treni e nelle maggiori stazioni italiane. Inoltre, ha chiesto alle imprese ferroviarie e ai gestori un’azione incisiva di collaborazione per limitare gli accessi alle aree più a rischio.

CO2 dieci anni in discesa – In dieci anni, dal 2008 al 2017, il livello medio delle emissioni di CO2 per vettura di nuova immatricolazione in Italia si è ridotto costantemente. Si è passati infatti da 144,3 grammi di CO2 per km nel 2008 a 112,4 grammi di CO2 per km nel 2017, con un calo del 22,1%. Questi dati, di fonte Unrae, emergono da un’elaborazione dell’Osservatorio Autopromotec.

Come emerge dal grafico, il risultato del nostro Paese è indubbiamente positivo, soprattutto se confrontato con l’andamento del valore medio UE.

Già nel 2008 la media italiana era più bassa di quella europea (144,3 g/km contro 153,6 g/km) e tale tendenza si è protratta fino al 2017 (112,4 g/km contro 118,5 g/km). Ma va detto che il nostro Paese è favorito dal fatto che, storicamente, immatricola auto con cilindrate dei motori più basse rispetto alle auto immatricolate nel resto d’Europa. Le auto con minore cilindrata, infatti, hanno un minor consumo di carburante e dunque minori emissioni di CO2.

Tornando al grafico, vi è però un aspetto di non secondaria importanza che va sottolineato. Con riferimento agli ultimi due anni, come si può vedere dall’andamento delle curve, le emissioni medie di CO2 delle nuove auto vendute in Italia hanno continuato sì a diminuire, ma ad un ritmo più lento. A livello europeo, invece, le emissioni medie di CO2 delle nuove auto sono addirittura aumentate dello 0,4% (da 118,1 g/km nel 2016 a 118,5 g/km nel 2017, prima crescita in 10 anni). Il motivo, secondo quanto riferisce l’Associazione Europea dei Costruttori di Auto (Acea), è da ricercare nel calo delle vendite di modelli diesel e nella crescita di quelle a benzina. A parità di chilometri percorsi, le auto a benzina emettono infatti quantità maggiori di CO2 rispetto alle auto diesel.

Sebbene dunque le emissioni di CO2 siano significativamente diminuite in dieci anni, sottolinea l’Osservatorio Autopromotec, per raggiungere l’obiettivo al 2021 fissato dalla Commissione Europea di 95 g di CO2/km, le case automobilistiche dovranno ancora aumentare gli sforzi, investire nella ricerca e migliorare prestazioni e consumi dei veicoli da lanciare sul mercato. Ovviamente anche le innovazioni nel campo delle motorizzazioni alternative (elettriche, ibride, metano, ecc.) giocheranno un ruolo chiave per l’industria automobilistica per contenere consumi ed emissioni.

Ripartono i lavori stradali – Dopo 12 anni di calo dei consumi di asfalto, dovuti alla prolungata assenza di lavori di manutenzione delle nostre strade, il 2018 sta facendo segnare l’attesa inversione di tendenza che lancia un primo segnale positivo per la sicurezza delle nostre stradale. A trascinare la ripresa sono principalmente gli investimenti di ANAS sulla rete, restano invece aperte le criticità sulle arterie comunali e provinciali. Crisi economica, brusco aumento del costo della materia prima bitume e sostenibilità ambientale stanno spingendo verso un sempre maggiore impiego del fresato nella manutenzione delle strade. È questa la fotografia che emerge dalla nuova analisi trimestrale effettuata dall’Associazione SITEB – Strade Italiane E Bitumi.

Il report dell’Associazione (sintetizzato nella tabella a lato) evidenzia che nel 2018, per la prima volta dopo oltre 10 anni di costante calo (dalle oltre 44,2 mln di tonnellate del 2006 alle stazionarie 23 registrate negli anni 2017-2016-2015), la produzione di conglomerato bituminoso (indicatore primario delle attività di costruzione e manutenzione delle strade) registrerà a fine anno una leggera crescita (+3%) che induce a ben sperare per la ripresa del comparto e soprattutto per la sicurezza delle nostre strade.

Dopo un avvio d’anno negativo nei primi cinque mesi dell’anno (-11,8% del consumo di bitume vs lo stesso periodo del 2017), le attività avviate nel periodo estivo, in cui per le condizioni climatiche solitamente si concentra il 60% dei lavori, hanno fatto segnare una decisa ripresa. Nella tabella si nota tra l’altro come il settore oggi possa contare su 380 impianti di produzione in attività, per un totale di 31.000 addetti diretti e un valore della produzione e posa in opera che si stima a fine anno supererà quota 1,7 miliardi di euro.

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