Versioni contrastanti sulla morte di un uomo che aveva subito un trapianto di cuore: l’organo era malato?

Un uomo di 61 anni, cardiopatico, è morto nel 2016 all’ospedale San Camillo di Roma dopo che era stato sottoposto a un trapianto di cuore eseguito nel 2016. Sulla vicenda – riferita stamattina da due giornali, Repubblica e Messaggero –  è stata aperta un’inchiesta nella Capitale, passata poi a Milano, dove è avvenuto l’espianto dell’organo. Il ministero della Salute ha disposto immediate verifiche, ma i medici assicurano che il cuore impiantato era sano.

Ciò che è scritto sui giornali è un falso“, sostiene il direttore del Centro trapianti del San Camillo di Roma, Francesco Musumeci, nel corso di una conferenza stampa in ospedale. Il cuore impiantato lo scorso anno “era sano. Tra l’altro non apparteneva a un 60enne, come riportato da alcuni media, ma a un 46enne morto dopo un tuffo in piscina”.

Musumeci ha sottolineato con forza che l’organo impiantato nel paziente 61enne era “perfettamente funzionante e controllato. Purtroppo – ha aggiunto – il trapianto di cuore non può mai essere a rischio zero e il ricevente era in condizioni particolarmente critiche, con malattie croniche e aveva anche impiantato un defibrillatore”.

Il direttore generale del San Camillo, Fabrizio d’Alba, ha ricordato che “il decesso avvenuto il 4 settembre del 2016 era stato oggetto di un audit da parte del Centro nazionale trapianti, già il 21 settembre dello stesso anno”. E la funzionalità del cuore utilizzato, in base alle analisi realizzate, era stata confermata. In quell’occasione, ha aggiunto Musumeci, erano state avanzate cinque ipotesi sul decesso, tutte legate a possibili complicanze. La morte potrebbe essere da attribuire a fattori come il rigetto iperacuto, a una risposta infiammatoria sistemica o a diverse altre complicanze.

Stupore e dispiacere” per le notizie sul decesso verificatosi dopo un trapianto di cuore “non rispondenti al vero” è stato espresso anche dal direttore generale dell’ospedale d’Alba, che ha chiarito: “La Procura non ci ha mai contattato“.

Dal San Raffaele di Milano, da dove l’organo è arrivato, confermano che il cuore impiantato “era sano”. Dall’Irccs del gruppo ospedaliero San Donato si precisa che “il paziente di 48 anni” che ha donato l’organo è arrivato “al San Raffaele in seguito a una sindrome da annegamento e conseguente arresto cardiaco”. Per tale ragione è stato “immediatamente valutato per escludere l’infarto miocardico come causa dell’evento”. Gli esami strumentali, compresa la coronarografia, hanno escluso “la presenza di patologie cardiache con particolare riferimento alle arterie coronarie”.

“Come da protocollo, una volta accertata la morte con criteri neurologici e la non opposizione al prelievo di organi a scopo di trapianto – proseguono dall’ospedale di via Olgettina – si è provveduto alla trasmissione delle informazioni cliniche al Centro nazionale trapianti. L’ultimo giudizio di idoneità è stato espresso dal chirurgo trapiantatore in sede di prelievo di organo, come previsto dalla procedura nazionale validata dal Cnt”.

Ciò premesso, “il San Raffaele, rimanendo a disposizione degli organismi di vigilanza e controllo, non comprende la lettura dei fatti come finora riportati dagli organi di stampa. Auspichiamo – concludono dalla struttura – che tali interpretazioni non pregiudichino la fiducia nel sistema trapiantologico italiano, limitando le aspettative di migliaia di pazienti italiani in attesa di un organo”.

Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si è subito avventurata in dichiarazioni avventate come “si tratta di una notizia gravissima. Mi sembra uno di quegli errori tragici, ma anche inaccettabili. Vedremo se ci sono state delle falle e agiremo di conseguenza”. Poi però ha precisato che “con il Centro nazionale trapianti abbiamo procedure di massima sicurezza, fra le migliori al mondo”.

 

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