7GIORNI IN SENATO/ Intesa su discriminazioni razziali e negazionismo, ma non sui numeri del Def

provenzanodi FRANCESCO MARIA PROVENZANO – 

Martedì 26 l’Assemblea ha avviato l’esame del ddl n. 54-B: “Modifica all’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati”. Il ddl modifica la legge che ha recepito la convenzione contro le discriminazioni razziali per introdurre l’aggravante di negazionismo. La relatrice, senatrice Capacchione (PD),  evidenzia la scelta della Commissione di ripristinare il testo approvato in prima lettura al Senato che, nel rispetto dei limiti della libertà di ricerca e opinione, qualifica come pubblica l’istigazione alla discriminazione, all’odio e alla violenza e circoscrive le condotte di negazionismo al pericolo concreto. In sede referente è stata invece confermata la modifica della Camera che ha soppresso la riduzione della pena da cinque a tre anni. Respinta la proposta di sospensiva avanzata dal senatore Candiani (LN), si è svolta la discussione generale, alla quale hanno preso parte i senatori Malan (FI-PdL); Mineo, Silvana Amati, Lo Giudice (PD); Liuzzi (CoR); Erika Stefani (LN); Giovanardi (GAL); Morra (M5S). Il seguito dell’esame è rinviato al giorno successivo. La seduta termina alle ore 18.

Mercoledì 27, la seduta inizia alle ore 9,30 e l’Assemblea  avvia l’esame del Documento di economia e finanza 2016. Il DEF, che si articola in tre sezioni – programma di stabilità, analisi e tendenze della finanza pubblica, programma nazionale di riforma – prevede nel 2016 una crescita del Pil pari all’1,2 per cento (nel 2015 è stata dello 0,8). L’avanzo primario è stimato all’1,7 per cento e l’indebitamento netto al 2,3 per cento del Pil, con un progressivo miglioramento negli anni successivi (1,8 nel 2017 e 0,9 nel 2018 fino al surplus dello 0,4 nel 2019), mentre il rapporto debito Pil è previsto che debba scendere nel 2016 dal 132,7 al 132,4 per cento. Il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine è rinviato al 2019: il governo ha presentato una relazione sull’aggiornamento del piano di rientro che deve essere approvata a maggioranza assoluta dalle Camere. Il relatore,  Santini (PD),  evidenzia il ruolo della domanda interna nella ripresa, l’andamento decrescente della spesa per interessi e l’aumento dell’avanzo primario, il sentiero più graduale di riduzione del debito e la deviazione temporanea dall’obiettivo di medio termine a fini di crescita e sostenibilità del debito; la riduzione delle entrate e delle spese totali; le riforme per migliorare la competitività (riforme istituzionali, interventi su pubblica amministrazione, semplificazioni, mercato del lavoro, giustizia, sistema bancario, privatizzazioni, concorrenza).

Il relatore richiama come punti qualificanti del DEF la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia e l’utilizzo della flessibilità a sostegno della crescita ma osserva che, senza un cambio di passo in Europa, diventa più complicato agganciare la ripresa, considerate anche le difficoltà del contesto internazionale. Nella discussione intervengono  Lucrezia Ricchiuti, Filippi, Laura Cantini, Fornaro, Nerina Dirindin, Lucherini, Magda Zanoni (PD); Girotto, Giovanna Mangili, Daniela Donno, Castaldi (M5S); Zuffada, Gibiino, Ceroni, Mandelli (FI-PdL); Tosato, Crosio (LN), Paola De Pin, Maria Casaletto (GAL); Langella, D’Anna (AL-A); Barozzino, Bocchino (SI-SEL); Raffaela Bellot (Misto); D’Ambrosio Lettieri (CoR); Panizza (Aut); Uras (Misto). Le opposizioni rilevano che le previsioni di crescita sono sovrastimate e, conseguentemente, tutti gli indicatori legati al Pil sono inattendibili; il tasso di crescita e di occupazione rimane inferiore alla media europea mentre aumenta il gap tra Nord e Sud del Paese. L’adesione ai diktat europei comporta la diminuzione delle prestazioni sociali, la compressione dei diritti dei cittadini e la svendita del patrimonio industriale dell’Italia. La politica dei bonus, volta ad aumentare il consenso al governo, non ha avuto effetti strutturali sulla crescita; il Job Act non ha aumentato l’occupazione ma ha ridotto i diritti dei lavoratori; gli investimenti pubblici sono insufficienti; la spesa primaria non è diminuita mentre sono aumentati i tagli lineari agli enti locali; non è chiaro come verranno neutralizzati gli aumenti dell’Iva e delle accise.

Sul DEF sono state presentate otto proposte di risoluzione a prima firma di Loredana De Petris (SEL), Uras (Misto), Nunzia Catalfo (M5S), Anna Bofrisco (CoR), Zanda (PD), Paolo Romani (FI-PdL), Silvana Comaroli (LN), Ruvolo (AL-A). L’esame proseguirà nella seduta pomeridiana. La seduta termina alle ore 13.

Avvicino il senatore Ceroni, di Forza Italia, che è intervenuto in Aula e gli chiedo un giudizio. Ecco il suo commento: «Il quadro economico-finanziario che emerge leggendo il Def presentato dal governo è tra i più cupi e drammatici della nostra storia repubblicana. Il debito pubblico in crescita inarrestabile, la previsione di crescita del Pil all’1,2% è inferiore alle attese e comunque appare non raggiungibile secondo numerosi osservatori indipendenti. Il pareggio di bilancio è stato ancora una volta posticipato, stavolta al 2019, la pressione fiscale raggiungerà nel 2016 il 43,5%, invariata rispetto al 2015, l’occupazione in Italia è al 60,5%: in Europa riusciamo a far meglio solo della Grecia, mentre l’occupazione giovanile è al 48,5% contro il 53,7% in Europa. Dati tutti pessimi e fuori controllo. Ma non finisce qui. In Italia si muore più che in altri Paesi europei, i decessi sono aumentati dell’11% e se si andrà avanti di questo passo i morti cresceranno fino a 166 mila unità, livello mai raggiunto dal 1945. Eppure, nel 2015, in Italia non c’e’ stata una catastrofe nucleare e nemmeno un devastante terremoto: l’unica spiegazione di tanti morti – dice quindi Ceroni – risiede nella crisi economica, nella circostanza che migliaia di italiani per mancanza di risorse devono rinunciare a curarsi, del peggioramento del loro livello di alimentazione, del fatto che moltissimi dormono per strada. In una parola, l’aumento della mortalità è l’effetto drammatico dell’aumento della povertà. A questa situazione disastrosa il governo contrappone un Def senza ambizione, che non propone una ricetta adeguata. Non bastano più gli annunci irrealistici che servono solo a ingannare la gente. Noi siamo stufi e stanchi e chiediamo una inversione di rotta che allontani il Paese dal baratro».

Nella seduta pomeridiana delle ore 16,30 l’Assemblea avvia l’esame del ddl n. 54-B, che – come si è detto all’inizio –  modifica la legge che ha recepito la convenzione contro le discriminazioni razziali per introdurre l’aggravante di negazionismo.  Respinta la proposta sospensiva, avanzata dal sen. Candiani (LN), si è svolta la discussione generale, alla quale hanno preso parte i sen. Malan (FI-PdL); Mineo, Silvana Amati, Lo Giudice (PD); Liuzzi (CoR); Erika Stefani (LN); Giovanardi (GAL); Morra (M5S).

Giovedì 28, alle ore 9,30 l’Assemblea riprende nuovamente l’esame del ddl n. 54-B. La sottosegretaria Chiavaroli  evidenzia che l’emendamento 1.401 rappresenta un buon compromesso tra le due diverse linee di intervento di Camera e Senato. Si dichiara disponibile ad approfondire il tema dell’armonizzazione delle pene sui reati di istigazione, ma  invita a ritirare tutti i subemendamenti. Respinti i subemendamenti da 1.401/1 a 1.401/6, il seguito dell’esame è rinviato alla prossima settimana. La seduta  termina alle ore 14.

Nella seduta pomeridiana si svolgono interrogazioni a risposta immediata al ministro degli esteri. Sull’evoluzione della crisi in Libia prendono la parola Sangalli (PD), Paolo Romani (FI-PdL), Lucidi (M5S), Di Biagio (AP), Mineo (SI-SEL), Amoruso (AL-A), Mario Mauro (GAL), Divina (LN), Compagna (CoR) che hanno formulato quesiti sul ruolo dell’Italia e della comunità internazionale; sullo stato di avanzamento di EunavforMed, sulla situazione di Bengasi, sulla posizione del generale Haftar, sostenuto da Egitto e Emirati Arabi, e i suoi rapporti con la Francia; sulla mancata espressione di fiducia al governo insediato; su un possibile intervento militare; sulle scelte strategiche dell’Italia anche rispetto agli attori presenti nello scenario libico. Il ministro degli Esteri Gentiloni risponde a tutti i quesiti partendo da riconoscimento della effettiva fragilità del processo di pace, ma ribadisce la validità dell’iniziativa italiana. Dopo la Conferenza di Roma, ricorda il ministro, si è insediato a Tripoli il 30 marzo il governo presieduto da Serraj. L’Italia è favorevole al mantenimento dell’unità libica, ritenendo una minaccia l’attuale frammentazione: bisogna consolidare il governo Serraj, far rispettare la risoluzione delle Nazioni Unite, in base alla quale armi e petrolio devono far capo al governo legittimo, evitare spinte centrifughe, contribuire a stabilizzare il Paese con iniziative diplomatiche, umanitarie, economiche. L’Italia, che vanta una leadership nella situazione libica, darà un contributo alla sicurezza, anche a tutela dei pozzi petroliferi, solo se lo chiederà il governo libico e ci sarà l’avallo delle Nazioni Unite. La seduta è terminata alle 16,45.

Commenta per primo

Lascia un commento