7GIORNI IN SENATO/ E Verdini mette il timbro sulla controriforma costituzionale

provenzanodi FRANCESCO MARIA PROVENZANO – 

Lunedì 18 gennaio poiché l’Aula si riunirà martedì  19 la Commissione Affari costituzionali ha avviato l’esame del ddl 1429-D, recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”; la Presidente Finocchiaro ha riferito sul provvedimento, in seconda deliberazione al Senato. Il testo sarà discusso in Aula il 19 e 20 gennaio: martedì 19 alle ore 15 inizierà l’esame del ddl, mentre le dichiarazioni di voto inizieranno mercoledì 20 alle ore 17.

Martedì 19 l’Aula si è riunita alle ore 15 dove ha iniziato l’esame del 1429-D, recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”; la senatrice Finocchiaro ha riferito in Assemblea sui lavori della Commissione Affari costituzionali, che non ha concluso l’esame in sede referente. Mentre nella stessa giornata la Commissione Istruzione ha audito il Ministro dei beni, delle attività culturali e del turismo Franceschini sulla riorganizzazione del Mibact, sul FUS e sulle Fondazioni lirico-sinfoniche. La Commissione Lavori pubblici ha espresso parere favorevole con condizioni e osservazioni sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di privatizzazione e dismissione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze nel capitale di Ferrovie dello Stato S.p.A. (A.G. n. 251). Le Commissioni riunite Industria e Ambiente sono impegnate con l’esame dell’A.S. 2195 sulla cessione a terzi dell’azienda ILVA, già approvato dalla Camera. La Commissione Antimafia ha svolto l’audizione del Sindaco di Quarto (NA), Rosa Capuozzo del M5S. Le banche e le unioni civili sono i temi al centro del dibattito politico di questi giorni  e su uno di questi temi ho ascoltato il sen. Aldo Di Biagio di AP che mi ha detto testualmente: “Sulle unioni civili sono convinto della necessità di un inquadramento legislativo che regolamenti alcuni tipi di rapporti di convivenza degni di rispetto e sensibilità. Ma questo non significa equiparare normativamente queste relazioni al matrimonio eterosessuale. Il che sarebbe, tra l’altro, anche incostituzionale. E soprattutto il ddl Cirinnà non deve essere un “cavallo di troia” per trattare questioni delicate come quella dell’adozione, che merita invece una riflessione più approfondita e un dibattito parlamentare a sé stante “.

Mercoledì 20 alle ore 9,33 l’Assemblea ha ripreso l’esame del ddl costituzionale n. 1429-D, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione. Nella seduta di ieri, dopo l’intervento della sen. Finocchiaro (PD), che ha riferito sui lavori non conclusi dalla Commissione affari costituzionali, è iniziata la discussione generale, che è proseguita oggi con gli interventi dei sen. Paola Nugnes, Petrocelli, Gaetti, Cioffi, Crimi, Daniela Donno, Nunzia Catalfo, Ornella Bertorotta, Scibona, Endrizzi (M5S); Alicata, Scoma, Gibiino, Floris, Caliendo, Gasparri (FI-PdL); Laura Bignami, Mineo, Bocchino (Misto); Casini, Federica Chiavaroli (AP); Paola De Pin, Compagna (GAL); Micheloni, Tocci, Chiti, Conciancich, Fornaro, Silvana Amati, Tronti (PD); Tosato, Candiani (LN); Bruni (CR); Scavone, Manuela Repetti (AL); De Cristofaro (SEL). Le opposizioni hanno avanzato critiche di metodo e di merito, annunciando che proseguiranno la loro battaglia nella campagna referendaria per l’abrogazione della riforma. Un procedimento di ampia revisione costituzionale è materia d’iniziativa parlamentare e dovrebbe raccogliere il più ampio consenso possibile. L’iter della riforma è stato invece contrassegnato da forzature, mistificazioni, violazioni delle regole: i diktat del Governo, la sostituzione dei commissari non allineati, l’interruzione dei lavori in Commissione, il contingentamento dei tempi, gli espedienti per cassare gli emendamenti, la compravendita di senatori, gli scambi e i ricatti sulle nomine per assicurarsi i voti necessari.

Il governo ha rifiutato il confronto con proposte alternative e condivise per ridurre i costi della politica e superare il bicameralismo paritario; è stato sordo ai rilievi di insigni costituzionalisti che hanno giudicato la riforma pasticciata, squilibrata, di difficile applicazione. Il Senato, non più eletto dai cittadini, viene svuotato di funzioni e trasformato in un dopolavoro di amministratori locali, vocato alla scambio consociativo con il Governo. Permane invece l’anomalia di una Camera con 630 deputati, indebolita da una legge elettorale che consegna ai segretari di partito la scelta di parlamentari fedeli. Rifiutata l’ipotesi di un Senato elettivo, organo di garanzia, sarebbe stato preferibile un monocameralismo temperato da adeguati contrappesi. Il nuovo procedimento legislativo è farraginoso; la riforma del titolo V non prevede l’istituzione di macroregioni, che avrebbero consentito autentici risparmi di spesa; l’accentramento dei poteri in capo allo Stato non elimina i potenziali conflitti con le autonomie territoriali. Il linguaggio semplice e intenso della Costituzione del ’48 cede il passo a un complicato e sgradevole gergo burocratico, spia del basso profilo di una riforma tutta volta a stabilizzare un Governo privo di legittimazione popolare.

Nel combinato disposto con la legge elettorale nota come Italicum, il ddl altera pericolosamente l’equilibrio costituzionale e cela una deriva autoritaria: un partito con il 20 per cento dei suffragi può conquistare la maggioranza dei seggi alla Camera e controllare l’elezione di tutti gli organi di garanzia, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dal CSM alle autorità indipendenti. I principali provvedimenti del Governo in carica (legge elettorale, riforma costituzionale, job acts, buona scuola, riforma della RAI) hanno come filo conduttore l’idea dell’uomo solo al comando. Sensibile a pressioni sovranazionali e agli interessi della grande finanza, che puntano a ridurre gli spazi democratici, il Presidente del Consiglio Renzi, dopo aver utilizzato la riforma costituzionale come strumento di demagogia e di scontro, sta trasformando il referendum costituzionale in un plebiscito personale. Con accenti diversi, le minoranze hanno sottolineato, infine, l’incoerenza e l’ipocrisia del PD, che si mobilitò per la bocciatura in sede referendaria della riforma varata dal centrodestra nel 2005, che assicurava in modo più bilanciato il superamento del bicameralismo perfetto e la stabilità del Governo.

In replica, il Presidente del Consiglio Renzi ha ringraziato il Senato per avere consentito di concludere un processo di riforma costituzionale atteso da lungo tempo, dopo numerosi fallimenti e anni di immobilismo. Il Senato ha colto con coraggio la sfida del cambiamento, votando un testo che ne ridimensiona la composizione e le funzioni. La capacità del Senato di superarsi dimostra che il Paese ha un futuro e la politica può essere una forma di servizio civile. Il Presidente del Consiglio ha negato che il ddl modifichi il sistema costituzionale di pesi e contrappesi, ha enfatizzato l’eliminazione della doppia fiducia e il superamento del procedimento legislativo bicamerale. Ha colto l’occasione per tracciare un bilancio dell’esperienza di governo, ponendo l’accento sulla ripresa economica, il recupero di credibilità del Paese, la ritrovata fiducia in una politica capace di decidere. Ha ribadito infine che si dimetterà, qualora la riforma sia bocciata nel referendum.

Nelle dichiarazioni finali, hanno annunciato voto favorevole i sen. Maurizio Romani (Misto-IdV), Patrizia Bisinella (Misto-Fare), Mazzoni (AL), Zeller (Aut), Torrisi (AP), Anna Finocchiaro (PD). Hanno annunciato voto contrario i sen. Anna Cinzia Bonfrisco (CR), Calderoli (LN), Mauro Mauro (GAL), Loredana De Petris (Misto-SEL), Morra (M5S) e Paolo Romani (FI- PdL).

Al termine delle dichiarazioni di voto con 180 voti favorevoli (nei quali c’era una quota di voti dei “verdiniani” determinante), 112 contrari e un’astensione l’Assemblea ha approvato in seconda deliberazione il ddl costituzionale n. 1429-D, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della Costituzione. La seduta è terminata alle 20,11.

Terminata la seduta ho avvicinato il senatore di FI Bruno Alicata al quale ho chiesto un commento sull’approvazione di questa riforma, ecco la sua risposta: “L’unica cosa certa è che il Paese con questa riforma non farà un passo avanti. Lo Stato non risparmierà un soldo e l’argomento di accelerare la formazioni delle leggi sarà, al pari del primo, solo volgare propaganda ad opera di chi, il premier, con la complicità del suo partito, darà forma e luogo ad una inquietante forzatura per la nostra democrazia, più vicina ad un regime, a causa del combinato disposto di questa riforma con la legge elettorale. Ma oggi inizia anche la battaglia per il NO a questo delirio istituzionale, frutto di arroganza e protervia contro le Istituzioni, il popolo italiano e soprattutto contro la democrazia. Si è persa un’occasione storica per dare, col contribuito delle opposizioni, un assetto più moderno alle nostre istituzioni, preferendo l’obiettivo dell’uomo solo al comando, del manovratore che tutto controllerà ed occuperà per soddisfare il suo smisurato ego. Un pericoloso azzardo da spregiudicato giocatore di baccarat!”.

Giovedì 21 la seduta è iniziata alle ore 9,01 con il ministro della Giustizia Orlando che ha svolto una relazione sull’amministrazione della giustizia. Il Ministro ha rivendicato al governo in carica il merito di avere superato una lunga fase di scontro sulla giustizia e di avere inaugurato un confronto pacato con gli operatori e con le diverse forze politiche e sociali, per recuperare efficienza al servizio della giustizia. Il governo ha fronteggiato la minaccia terroristica introducendo nuove figure di reato, potenziando gli strumenti per la sicurezza, rafforzando la cooperazione bilaterale con diversi Paesi. Purtroppo, in sede europea, non sono stati compiuti passi significativi per l’istituzione di una procura europea e il potenziamento di Eurojust. Il ministro ha ricordato i risparmi di spesa conseguenti alla riorganizzazione del Ministero, la gestione diretta dei fondi europei e la disponibilità di un miliardo di risorse aggiuntive da destinare ai processi di digitalizzazione e riorganizzazione dei servizi, l’istituzione dell’ufficio del processo, l’assunzione di quattromila unità nel prossimo biennio, il nuovo bando di concorso per trecentocinquanta magistrati. Ha evidenziato che il processo civile telematico ha consentito una riduzione strutturale dell’arretrato: nel 2016 le pendenze, che ammontavano a sei milioni nel 2009, scenderanno a quattro milioni. E’ in fase di studio una riforma del CSM, che favorisca la parità di genere, la trasparenza e la terzietà della sezione disciplinare; è all’esame del Senato un ddl di riforma della magistratura onoraria; è in atto un confronto con l’avvocatura per una riforma del sistema forense.

All’esame della Camera vi è una riforma del codice di procedura civile per la semplificazione e il potenziamento del tribunale delle imprese. Tra le priorità vi è anche una riforma del diritto fallimentare volta a prevenire le crisi aziendali. Quanto alle novità sul versante penale, il ministro ha richiamato il provvedimento di degiurisdizionalizzazione, il rafforzamento della lotta alla corruzione, il ddl sul voto di scambio politico mafioso, l’impegno profuso per una sistemazione organica degli ecoreati, il ddl sul caporalato, l’introduzione del reato di tortura e la tutela delle vittime del reato. Il ministro ha espresso la convinzione che il reato di immigrazione clandestina vada abolito e occorra trovare un accordo in sede europea per un regime comune in tema di immigrazione e asilo. Quanto all’esecuzione della pena, l’Italia rispetta il rapporto tra capienza delle carceri e presenza dei detenuti: il problema principale è l’alto tasso di recidiva, il mancato funzionamento della finalità rieducativa della pena. Il ministro ha ricordato, infine, l’istituzione del garante dei detenuti e il dimezzamento dei bambini detenuti in carcere con le madri. Nel conseguente dibattito hanno preso la parola i sen. Rosanna Filippin, Nadia Ginetti (PD), Bruni (CR), Erika Stefani (LN), Giovanardi (GAL), Falanga (AL), Buemi (Aut), De Cristofaro (SEL), Albertini (AP), Cappelletti (M5S), Malan (FI-PdL). In replica, il Ministro ha accolto la proposta di maggioranza e, con riformulazioni, le risoluzioni di Misto-SEL e del sen. Barani (AL). Ha espresso invece parare contrario sulle proposte di risoluzione n. 2 di LN, n. 6 di M5S e n. 7 di CR.

La Lega Nord ha chiesto iniziative per la revisione della composizione e del sistema elettorale del CSM, la separazione delle carriere dei magistrati, la modifica della legge sulla responsabilità dei magistrati. Il Movimento 5 Stelle ha evidenziato che gli effetti deflattivi dipendono dall’aumento dei costi di accesso alla giustizia e dalla chiusura di molti sedi giudiziarie. I Conservatori e Riformisti hanno posto l’accento sulla piena realizzazione del principio del giusto processo, con particolare riferimento alla distinzione tra organo giudicante e organo requirente. Forza Italia non ha presentato una proposta di risoluzione e si è astenuta nelle votazioni per evidenziare la mancanza di un dibattito serio sulla situazione della giustizia. Nelle dichiarazioni di voto sono intervenuti i sen. Di Maggio (CR), Erika Stefani (LN), Giovanardi (GAL), Buemi (Aut), Mussini (Misto), D’Ascola (AP), Buccarella (M5S), Caliendo (FI-PdL),). Lumia (PD).

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